giovedì, maggio 10, 2007

Fenomenologia dello Spirito II



In qualche punto dell'opera immensa di Agostino, Vescovo di Ippona, si trova una commovente prova dell'immortalitá dell'anima, che mi colpì, molto tempo fa, nel corso di una mia superficiale navigazione nel mare di quelle pagine.
La prova, che riferisco qui secondo quanto si è depositato nella mia memoria, è la seguente:

“Il sapere è infinito e non può essere conosciuto nella sua totalitá per mezzo di una vita mortale. Conoscere, tuttavia, è lo scopo per il quale l'uomo è stato creato. O forse, non ricordo bene, conoscere il Bene è lo scopo supremo della vita umana. Se le cose stanno così vi è una contraddizione che solo l'immortalitá puó sanare. Una contraddizione che da scacco alla morte e che parrebbe garantire all'anima in angoscia una speranza piú solida del grido del desiderio: uno scopo infinito non puó essere in ordine a una vita finita. La vita non potrebbe mai raggiungere il sapere. Come Achille non puó raggiungere la tartaruga”.

Piú o meno è questo, il pensiero di Agostino, come lo ricordo adesso.
Vorrei, invece, poterlo citare in latino, inciso nella bellezza marmorea di quella lingua, preciso e tagliente e nello stesso tempo impotente a consolare.

Purtroppo non mi ricordo nemmeno in quale opera lo avevo letto, anche se ora, scrivendo mi pare sin trattasse di un dialogo.

Mi é ritornato alla mente, ora, mentre leggevo il noto e terribile passo della Fenomenologia Hegeliana:

Se, infatti, la bellezza impotente odia l'intelletto, ció avviene perché si vede richiamata da questo a compiti che essa non è in grado di assolvere. La vita dello Spirito, invece, non è quella che si riempie di orrore dinanzi alla morte e si preserva integra dal disfacimento e dalla devastazione, ma quella vita che sopporta la morte e si mantiene in essa. Lo Spirito conquista la propria veritá solo a condizione di ritrovare se stesso nella disgregazione assoluta. Lo spirito è questa potenza, ma non nel senso del positivo che distoglie lo sguardo dal negativo, come quando ci sbarazziamo di qualche cosa dicendo che è o che non è falso, per passare subito a qualcos'altro. Lo Spirito è invece questa potenza solo quando guarda in faccia il negativo e si sofferma presso di esso. Tale soffermaris è il potere magico che converte il negativo nell'essere.
Hegel, Fenomenologia della Spirito

Qui il conoscere integra il nulla. O meglio il conoscere integra la nullificazione. Il soggetto che conosce conosce l'infinito solo facendo esperienza della sua finitezza. L'infinito senza la finitezza non sarebbe nemmeno definibile come infinito, non sarebbe infinito perchè per essere tale debe contrapporsi a qualche cosa che lo neghi come tale.
Questa cosa è il soggetto. Esso conoscendosi nella “disgregazione assoluta” permette all'assoluto di essere conoscibile in quanto tale.
Insomma, la prova di Agostino è la prova di qualcuno che si riempie di orrore davanti alla morte e si preserva integro dal disfacimento e dalla disgregazione. In questo modo, tuttavia, precludendo il cammino che porta dal sapere all'essere, che unisce l'essere con il conoscere.
Pare che tutte le prove dell'immortalitá dell'anima siano matrici di questa preclusione.
Così in poche righe vado trascorrendo dal luminoso riposo miniato della speranza del retore africano alla notte germanica.
La notte famelica dei lupi. La notte del gelo che corrode la carne e l'anima.
Eppure il cesto di frutta, mele e arance che fisso davanti a me, è un cesto di frutta solo per chi scompare, solo per chi accetta di non essere davanti al non essere la frutta è luminosa come il mondo, ed egli non necessitá altro nutrimento che il suo succo.
genseki

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ciao Genseki,
come vedi,sono venuto a trovarti. I tuoi post filosofici sono piuttosti impegnativi.
Diciamo, che anche da un punto di vista sociale, si è esseri sociali, in quanto ci si costituisce come tali, attraverso il riconoscimento dell'altro. Ma spesso, come ha insegnato Hegel, la "lotta per il riconoscimento" non è il riconoscimento stesso... E si tratta di una lotta, che non può andare oltre la nostra vita individuale... Di qui l'incommensurabilità tra la nostra volontà di essere riconosciuti e la brevità della nostra esistenza.
Un caro saluto,
Carlo