di Aleksandr Isaevič Solženicyn
Siamo a tal punto disumanizzati, che per la modesta zuppa di oggi
siamo disposti a sacrificare qualunque principio, la nostra anima, tutti
gli sforzi di chi ci ha preceduto, ogni possibilità per i posteri, pur
di non disturbare la nostra grama esistenza. Non abbiamo più nessun
orgoglio, nessuna fermezza, nessun ardore nel cuore. Ci basta non
staccarci dal gregge, non fare un passo da soli. Ce l’hanno martellato e
il concetto ci è entrato bene in testa, ci assicura una vita comoda per
il resto dei nostri giorni: l’ambiente, le condizioni sociali, non se
ne scappa, l’esistenza determina la coscienza, noi cosa c’entriamo? non
possiamo far nulla. Invece possiamo tutto!
Ma mentiamo a noi stessi per
tranquillizzarci. Non è affatto colpa loro, è colpa nostra, soltanto
NOSTRA! Si obietterà: ma in pratica che cosa si potrebbe escogitare? Ci
hanno imbavagliati, non ci danno retta, non ci interpellano. Come
costringere quelli là ad ascoltarci? Fargli cambiare idea è impossibile.
Davvero non c’è alcuna via d’uscita? E non ci resta se non attendere
inerti che qualcosa accada da sé? Ciò che ci sta addosso non si
staccherà mai da sé se continueremo tutti ogni giorno ad accettarlo,
ossequiarlo, consolidarlo, se non respingeremo almeno la cosa a cui più è
sensibile, se non respingeremo la MENZOGNA. Quando la violenza irrompe
nella pacifica vita degli uomini, il suo volto arde di tracotanza ed
essa porta scritto sul suo stendardo e grida: «IO SONO LA VIOLENZA! Via,
fate largo o vi schiaccio! ». Ma la violenza invecchia presto, dopo
pochi anni non è più tanto sicura di sé, e per reggersi, per salvare la
faccia, si allea immancabilmente con la menzogna. Infatti la violenza
non ha altro dietro cui coprirsi se non la menzogna, e la menzogna non
può reggersi se non con la violenza. Non tutti i giorni né su tutte le
spalle la violenza abbatte la sua pesante zampa: da noi esige solo
docilità alla menzogna, quotidiana partecipazione alla menzogna: non
occorre altro per essere sudditi fedeli. Ed è proprio qui che si trova
la chiave della nostra liberazione, una chiave che abbiamo trascurato e
che pure è tanto semplice e accessibile: IL RIFIUTO DI PARTECIPARE
PERSONALMENTE ALLA MENZOGNA.
Anche se la menzogna ricopre ogni cosa, anche se domina dappertutto,
su un punto siamo inflessibili: che non domini PER OPERA MIA! È questa
la breccia nel presunto cerchio della nostra inazione: la breccia più
facile da realizzare per noi, la più distruttiva per la menzogna. Poiché
se gli uomini ripudiano la menzogna, essa cessa semplicemente di
esistere. Come un contagio, può esistere solo tra gli uomini. Non siamo
chiamati a scendere in piazza, non siamo maturi per proclamare a gran
voce la verità, per gridare ciò che pensiamo. Non è cosa per noi, ci fa
paura. Ma rifiutiamoci almeno di dire ciò che non pensiamo. La nostra
via è: NON SOSTENERE IN NESSUN CASO CONSAPEVOLMENTE LA MENZOGNA.
Avvertito il limite oltre il quale comincia la menzogna (ciascuno lo
discerne a modo suo), ritrarsi da questa cancrenosa frontiera! Non
rinforzare i morti ossicini e le squame dell’Ideologia, non rappezzare i
putridi cenci: e saremo stupiti nel vedere con quale rapidità la
menzogna crollerà impotente e ciò che dev’essere nudo, nudo apparirà al
mondo.
Ognuno di noi dunque, superando la pusillanimità, faccia la
propria scelta: o rimanere servo cosciente della menzogna (certo non per
inclinazione, ma per sfamare la famiglia, per educare i figli nello
spirito della menzogna!), o convincersi che è venuto il momento di
scuotersi, di diventare una persona onesta, degna del rispetto tanto dei
figli quanto dei contemporanei. E da quel momento tale persona non
scriverà più né firmerà o pubblicherà in alcun modo una sola frase che a
suo parere svisi la verità; non pronunzierà frasi del genere né in
privato né in pubblico, né di propria iniziativa né su ispirazione
altrui, né in qualità di propagandista né come insegnante o educatore o
in una parte teatrale; per mezzo della pittura, della scultura, della
fotografia, della tecnica, della musica, non raffigurerà, non
accompagnerà, non diffonderà la più piccola idea falsa, la minima
deformazione della verità di cui si renda conto; non farà né a voce né
per iscritto alcuna citazione «direttiva» per compiacere, per
cautelarsi, per ottenere successo nel lavoro, se non è pienamente
d’accordo col pensiero citato o se questo non è esattamente calzante col
suo discorso; non si lascerà costringere a partecipare a una
manifestazione o a un comizio contro il proprio desiderio o la propria
volontà.
Non prenderà in mano, non alzerà un cartello se non è completamente
d’accordo con lo slogan che vi è scritto; non alzerà la mano a favore di
una mozione che non condivida sinceramente; non voterà né pubblicamente
né in segreto per una persona che giudichi indegna o dubbia; non si
lascerà trascinare a una riunione dove sia prevedibile che un problema
venga discusso in termini obbligati o deformati; abbandonerà
immediatamente qualunque seduta, riunione, lezione, spettacolo,
proiezione cinematografica, non appena oda una menzogna profferita da un
oratore, un’assurdità ideologica o frasi di sfacciata propaganda; non
sottoscriverà né comprerà in edicola un giornale o una rivista che dia
informazioni deformate o che taccia su fatti essenziali. Non abbiamo
enumerato, s’intende, tutti i casi in cui è possibile e necessario
rifiutare la menzogna. Ma chi si metterà sulla strada della
purificazione non stenterà a individuarne altri, con una lucidità tutta
nuova. Certo, sulle prime sarà duro. Qualcuno si vedrà temporaneamente
privato del lavoro. Per i giovani che vorranno vivere secondo la verità,
all’inizio l’esistenza si farà alquanto complicata: persino le lezioni
che si apprendono a scuola sono infatti zeppe di menzogne, occorre
scegliere. Ma per chi voglia essere onesto non c’è scappatoia, neppure
in questo caso: mai, neanche nelle più innocue materie tecniche, si può
evitare l’uno o l’altro dei passi che si son descritti, dalla parte
della verità o dalla parte della menzogna: dalla parte dell’indipendenza
spirituale o dalla parte della servitù dell’anima. E chi non avrà avuto
neppure il coraggio di difendere la propria anima non ostenti le sue
vedute d’avanguardia, non si vanti d’essere un accademico o un «artista
del popolo» o un generale: si dica invece, semplicemente: sono una
bestia da soma e un codardo, mi basta stare al caldo a pancia piena.
Anche questa via, che pure è la più moderata fra le vie della
resistenza, sarà tutt’altro che facile per quegli esseri intorpiditi che
noi siamo. Una via non facile? La più facile, però, fra quelle
possibili. Una scelta non facile per il corpo, ma l’unica possibile per
l’anima. Una via non facile, certo, ma fra noi ci sono già delle
persone, anzi decine di persone, che da anni tengono duro su tutti
questi punti e vivono secondo verità. Non si tratta dunque di avviarsi
per primi su questa strada, ma di UNIRSI AD ALTRI! Il cammino ci
sembrerà tanto più agevole e breve quanto più saremo uniti e numerosi
nell’intraprenderlo. Se saremo migliaia, nessuno potrà tenerci testa. Se
saremo decine di migliaia, il nostro paese diventerà irriconoscibile!
Ma se ci facciamo vincere dalla paura, smettiamo di lamentarci che
qualcuno non ci lascerebbe respirare: siamo noi stessi che non ce lo
permettiamo. Pieghiamo la schiena ancora di più, aspettiamo dell’altro, e
i nostri fratelli biologi faranno maturare i tempi in cui si potranno
leggere i nostri pensieri e mutare i nostri geni. Se ancora una volta
saremo codardi, vorrà dire che siamo delle nullità, che per noi non c’è
speranza, e che a noi si addice il disprezzo di Puskin: USCI’ IL
SEMINATORE A SEMINARE I SUOI SEMI. Solitario seminatore di libertà, sono
uscito presto, prima della stella; Con mano pura e innocente Nei solchi
divenuti schiavi ho gettato un seme vivificatore Ma ho solo perduto
il mio tempo, i buoni pensieri e la fatica… Pascolate, pacifici popoli !
Non vi risveglierà il grido dell’onore. A che serve al gregge il dono
della libertà ? Bisogna solo accoltellarlo o tonsurarlo. La loro eredità
di stirpe in stirpe è il giogo con i sonagli e la frusta.
Aleksandr Isaevič Solženicyn (1974)