venerdì, maggio 29, 2009

Il ritornello

Solo quando la canzone
Stava per finire si rese conto
Dell'importanza ignorata del ritornello
Con la rima in -illo
E tutte quelle altre consonanti liquide
Che facevano pensare a una corrente
Che si allontana per poi riapparire

L'attesa costituiva la sostanza
Di tutta la lunga canzone
L'attesa della conferma della sola
persistenza

Quella del ritorno

genseki

Quando la musica

Quando la muica suonava
Non erano piú luoghi che sognava
Né eventi
Si lasciava consumare dalla vita
Come il cuore di un girasole
Dalle api
In un fracasso di elitre
Quando la musica suonava
Non erano piú amori che sognava
O passi di danza
Anche quelli si erano spenti
Sul pavimento di un'altra stanza.


genseki

giovedì, maggio 28, 2009

Amore e desiderio

Io che portai da natura un temperamento meno che tiepido, dovetti forse a questa circcostanza di andare esente dal disordine che deriva nel nostro stato morale dalla precocitá dei sensi. Per quanto mi ricordo, le battaglie dell'anima si svegliarono in me prima di quelle della carne; ed appresi per foruna ad amare prima che a desiderare.

Le Confessioni d'un ottuagenario
Ippolito Nievo

Curiosa confessione questa che rovescia l'ordine desiderio amore. Confessione che da la misura di una soliutudine incolmabile, di un isolamento doloroso. Amore è il nome che Nievo sembra dare alla solitudine
genseki

mercoledì, maggio 27, 2009

Luis Garcia Montero

Il primo giorno di vacanza

Io nuotavo nel mare della sera
proprio il monento
In cui la luce fluttua come brace
Di un incendio alla resa
E nell'acqua bruciano le domande
I silenzi piú strani.

Avevo deciso di nuotare fino alla boa
Rossa, quella che si naconde come il sole
Dietro le barche.

Lontanissimo dalla riva,
Solitario, perduto nel crepuscolo,
Mi addentravo nel mare
Sentendo l'inquietudine commuovermi
Come all'entrare in un poema
O in una notte d'amore sconosciuto.

Poi la vidi venire in mezzo all'acqua
Una signora anziana
D'una bellezza stanca
I capelli bianchi raccolti,
Si avvicinó nuotando
Con bracciate serene
Come se provenisse dall'orizzonte.

Al passarmi davanti
Per un momeno mi fissó negli occhi:
Non sono qui per te
Tu non sei quello.

Mi risvegliai coi rumori del mercato
Il rombo di una moto
Disperata correndo per la via.
Era mezza mattina
Sereno il cielo come bandiera viva
All'albero d'agosto.
Scesi al caffé per fare colazione
Osservare il passeggio della gente,
Il mare d'olio
I corpi sotto il sole.
Sul quotidiano
Il nome dell'affogato non era il mio.

lunedì, maggio 25, 2009

Straccioni

Il gelo
sopporto
che fammi torto
.

La canzon del Balurdo


Dai sistematevi che ci si scalda! Ci manca solo che vi mettiate a montare il fuoco. -- Che strano, le gambe adesso mi formicolano.

-L'una! - tramontana bella secca! – ma lo sapete voi, gattacci spellacchiati perché la luna è tanto chiara? è che ci bruciano le corna dei becchi, ci bruciano.

- Come è rossa la brace torbiera!
Come danza la fiamma azzurra sui tizzoni!
Ehi chi è la lingera che ha picchiato la baldracca?

C'ho il naso gelato! - C'ho le chiappe arrostite! - Che ci vedi nel fuoco Ciupiglia? - - Una alabarda. - E tu, Giampollo? - Un occhio.

Largo, largo a M. de la Chosserie! - Eccovi ben bene impellicciato e inguantato per l'inverno, Signo procuratore!
- Eh, giá i bei micioni non c'hanno i geloni!

Ah eccoli qua i signori birri! Gli stivali vi van fumando! - E i bricconi maramaldi?
Due li abbiamo stesi d'una archibugiata, gli altri son fuggiti di la dal fiume.

Così si incanaglivano a un fuoco di sterpaglie, due straccioni, un procuratore del parlamento che se en andava per bordelli con due birraccii che raccontavano senza scoppiare a ridere le imprese di loro sconquassati archibugi.

A. Bertrand
Gaspard de la Nuit
trad. genseki

domenica, maggio 24, 2009

Stampede

Furono le sue parole
Che decisero di smascherarlo
Stanche come erano di essere ripetute
Sulle pagine di quei testi -Poesie?-
Da uno che avrebbe potuto essere un glorioso vagabondo
Un alcolizzato immaginario
Un distillatore di depressione
Un alchimista degli influssi neutrali
Un cercatore di gioielli
Nelle profonditá delle scollature delle dame
Specialmente quando andavano di moda
I nei artificiali
Che doveva essere un bel problema piazzarli
Proprio li dove sarebbero stati davvero seducenti
E questo punto variava da cicisbeo a cisisbeo
E da abate a stalliere.
E digitate digitate digitate
Digitate senza costrutto
Infinitamente
Dopo che il disgraziato aveva aperto la bottiglia
dell'indecenza
E lasciava che evaporassero tutti i freni
Inibitori
dell'opprtunitá
E sfregava l'ipotalamo come se fosse di pomice
Furono le sue parole
Proprio loro a perderlo
A denunciarlo mentre piangeva
A esporlo alla gogna
A condannarlo al taglio di un testicolo
Una volta fuggite dal recinto
In uno stampede gallinaceo
E ora sta li a capo chino
In ginocchio tra questi mulinelli di piume
e le trombette di carnevale
Sta li senza parole
Sognando lo zucchero filato.

genseki

venerdì, maggio 22, 2009

Yoyo

Piú non ci incontreremo in questa primavera
Quando la prima volta ho visto i biancospini
Spogliarsi nei calanchi e latte di letizia
Stillarti dai capezzoli
Fazzoletto di miele a stringere i capelli
Neri ala di corvo io fumavo gauloise
Lo yoyo che giocavo nella mano sinistra
Piú non vuol risalire lungo il filo del tempo
La collana di lune sgranate in riva al Tanaro
La dono alla madonna che ride tra le mele

genseki

Variazioni su di un tema di Rimbaud III

Variazioni su un tema di Rimbaud III

L'indigestione del lupo
Aveva lascoato tracce
Ovunque nell'orto
La barbabietola aspettava di essere raccolta
con la maggiorana
E muggiva di dolore mogio
Le piume del pollame volavano tra i carciofi
E i piselli si ostinavano a tessere da parola
A parola la loro croccante catena di perline
Il lupo aveva sognato palle da bowling
Quella notte
un brodo rugginoso che colava dalle foglie del
Cardo
Con il loro caratteristico odore di pneumatici
Bruciati
Che ti restava tra le dita
Il lupo pensava di avere una palla da bowling
Nella pancia

E continuava a sputare piume
E la corona di spine madida di sangue
Si inclinava fino a sforargli l'orbita
Dell'occhio sinistro
Nel festno bimillenario della passione

genseki

giovedì, maggio 21, 2009

L'amore sbocciava intorno a noi

L'amore sbocciava intorno a noi
Si schiudeva, germinava, cresceva
Brontolava di clorofilla e linfa
S'intrecciava agli altri tronchi
Con un tale slancio vegetale
Che mi mettevo a brucare
A gattoni in questo ribollire di pollini
E il sole finiva per scaldarmi la schiena
E adormentarmi nell'odore verde
Del letame e dei fichi lasciati
A imputridire nello zolfo

mercoledì, maggio 20, 2009

La neve degli ultimi inverni

La neve degli ultimi inverni
Cadeva sporca di sangue
Le estati come vecchi tappeti
Restavano arrotolate in un angolo
Il nostro teatro stentoreo
Taceva tra il latte e le stelle
Alle fronti solo era fresca
La terra fradicia delle zolle.

genseki

Elitre e altra sete

Ratte sfibrano le elitre
I raggi taglienti del palmizio
la sua geometria che segnala
Il vertice al linguaggio delle api
La terra si impregna di sale
Di sodio va ardendo in polveri
Di calce di iodio
I fiori dell'aglio alieni
Trasmettono l'uno all'altro
Il codice segreto della sete.

genseki

martedì, maggio 19, 2009

MARIO BENEDETTI II

Mario Benedetti

Mario Benedetti godeva di una larga popolaritá qui in Spagna dove rappesentava quello che in Italia ha rappresentato Prévert e in misura minore Ferlinghetti, una poesia realmente popolare e di alta qualitá letteraria. Una poesia come uno spazio messo a disposizioe della societá per riflettere e abbandonarsi un momento alla molteplicitá che davvero la realtá è in grado di offrire.

Una poesia colloquiale e ricca di elenchi e di liste.

Una poesia cocciutamente convinta della dignitá deñña parola, di ogni parola e delle parole di tutti.

La morte lo ha finalmente reso quello che era, differente e semplice, la morte che scolpisce per sempre l'individualitá sullo sfondo della sua definitiva impossibilitá.

genseki


Mario Benedetti


Imbarazzato panegirico della morte


La giornalista mi chiese
Se credessi nell'aldilá
Gli dissi di no
E lei mi domandó
Se questo non mi angustiava
E io le dissi di si


Ma che comunque forse
Certe volte la vita
Causa angoscia maggiore
Della morte


Perché le vessazioni
O anche solo i caprici
Finiscono per metterci
In compartimenti stagni


Ci separano gli odi
Le discriminazioni
I conti correnti
Il colore della pelle
L'affermazione o il rifiuto
Di Dio.


Invece la morte
Non fa distinzioni
Ci mette tutti nello stesso sacco
Ricchi e poveri
Sudditi e re
Miserabil e potenti
Indiani e visi pallidi
Iberici e immigrati
Credenti e agnostici


Riconosciamo che la morte fa sempre
Una giusta distribuzione del nulla
Senza plusvalore nè offerte nè domande
Egualitaria e equanime
Si occupa di ogni vemiciattolo
Secondo le sue necessitá
Neutra e equanime
Accoglie con la stessa disponobilita zelante
I cadaveri sontuosi di estrema destra
E i periti di inedia


La morte è eccletica, pluralista sociale
Distributiva, incorrutibile
E continuerá ad esserlo
A meno che a qualcun
Non venga in mente di privatizzarla.


Mario Benedetti

Inventario II

Trad genseki

lunedì, maggio 18, 2009

Né io né padrone

Che i discepoli non abbiano dubbi:
I loro corpi sono formati da quattro elementi, che non hanno "io" e che non hanno padrone. Essi sanno cosí che questo corpo non ha né "io" né padrone. Il loro spirito è formato da cinque aggregati, che non hano né io né padrone. Essi sanno in questo modo che il loro proprio spirito individule non ha né io né padrone. I sei organi di senso e le sei coscienze nascono e muoiono secondo il modo in cui si associano e per loro vae quanto detto sopra. Poiché queste diciotto sfere psicosensoriali sono vuote tutto è vuoto e solo esiste il nostro spirito fondamentale la cui purzza scaturisce per sempre.

Ci sono due modi di nutrirsi: uno si relaziona con la coscienza ordinaria e l'altro con la saggezza. I morsi della fame sono affezioni ordinarie del corpo composto di quattro elementi, cui si rimedia in modo adeguato, senza desiderio e senza attaccamnto. Questo è il modo di nutrirsi proprio della saggezza. Le preferenze di gusti basati sui capricci, la discriminazione erronea, la ricerca esclusiva el piacere senza mai la minima soddisfazione o il minimo distacco, ecco quella che merita il nome di alimentazione propria della coscienza ordinaria.

Gli uditori giungono all'illuminazione grazie al suono della voce e per questo son detti uditori, essi peró non comprendono il proprio spirito e teorizzano sulla dottrina che la voce esprime.
Grazie a parole magiche, a segni propizi o a movimenti essi apprendono che vi é un Risveglio, un Nirvana e per tre incalcolabili kalpa si esercitano sul cammino di una completa buddhitá. Tutto questo dipende dallla via degli uditori e produce Buddha del livello degli uditori.
Basta tuttavia comprendere direttamente e istantaneamente che il proprio spirito è sempre stato il Buddha per non dover piú trovare nemmeno la piú piccola realtá né doversi piú esercitare nella minima pratica e questa è la via superiore che mena al Buddha dell'autentica quidditá.

Huangpo
trad. a cura di genseki

giovedì, maggio 14, 2009

Limone e artemisia

Fu nella radura tra limoni e jacarandá
Che mi venne raccontando la sua storia
- Sai, quella del Nilo, del cesto di vimini
Della sposa venduta sul mercato dal marito mutilato -.
Quanto duró la sua confessione?
Giorni o settimane?
Mi parlò dei fratelli della purezza
Della panchina ove al vespero il Profeta soleva sedere
Con Fatima.

Bevemmo limone e artemisia

Come soli alimenti del nostro cuore
Nudo

Intorno nel frattempo, poco a poco,
Tutte le cose si adagiavano in pace
Nei loro simboli.


genseki

Storia della calligrafia cinese

Calligrafia dell'Imperatore Taizong


L'Imperatore Taizong dei Tang

Storia della calligrafia cinese

Taizong

Taizong nacque nel 568 e fu imperatore tra il 626 e il 649. Calligrafo eccezionaleè una personalitá centrale nella cultura cinese classica. Creó nella sua corte la carica di Calligrafo Ufficiale e onoró con premi i calligrafi di talento delle cui opere veniva a conoscenza. Svolse un'attivitá intensa sforzandosi di fare della calligrafia un patrimonio "nazionale".Il suo regno segna il passaggio ella calligrafia da arte popolae, una forma di artigianato rafinato al mondo dell'arte ufficialmente riconosciuta.
Effettivamente il Posto di Calligrafo Ufficiale che in cinese antico suona piuttosto "Letterato Calligrafo" inseriva la calligrafia all'interno del sistema dei valori confuciani secondo i quali si organizzava la vita culturale, amministrativa e religiosa dell'Impero.Esisteva una accademia imperiale di Letterai consacrati agli studi confuciani. questa accademia si chiamava "Bosco di pennelli". Fu creata durante la dinastia Tang e restó aperta fino all0avvento della repubblica nel 1911. La sua importanza era tale che disponeva della protezione di un Dio particolare Wenchang. Questo Dio corripondeva a una costellazione la cui minore o maggiore brillantezza era segno del fiorire o del decadere della letteratura. Al dio Wenchang si rivolgevano i canidati ai concorsi pubblici. Wenchang era accompagnato dal Dio Zhuyi patrono dei candidati impreparati e dal Dio Kuixing signore ella graduatorie. La creazione del posto di "Letterato Calligrafo" sognificava quindi permettere l'accesso alle piú alte cariche dello stato per mezzo dello studio e della pratica di questa disciplina e quindi attribuirle un ruolo centrale nella societá e nell'educazione.
Dell'Imperatore Taizong ci è giunta una sola opera, cioè una copia a inchiostro di una strofa del Wen Quan Ming tratta da una stle nel 648 che dimostra una straordinaria aderenza ai principi ortodosi dell'arte e una grande eleganza.
genseki