giovedì, maggio 12, 2016
Piove, nel caffé
La bellezza
della figlia del re viene dall'interno (Salmo 45,14)
Piove ai
vetri del caffé le gocce
Raccontano
dell'abbandono, del pericolo
Ê un limbo
questo dove ci scaldiamo
Alle
frottole, alla musica scadente,
all'odore del
riso che si tosta.
Usciremo
prima o poi nella nebbiolina
Tra i
richiami dei merli fitti fitti
Il piede del
vesante fiorito di cardi
Si scuote al
passo dei lupi
Cominciamo a
salire, inzuppiamo
Le scarpe e
le calze nell'erba bagnata
anche questo
lo accettiamo nel suo nome
È poca cosa
e presto sapremo
Su quale cima
si erge il cippo
Su quale la
croce
E vi
riposeremo finalmente.
genseki
martedì, maggio 03, 2016
Inno alla Madre
ora sei benedetta tra le spighe
e marci sulle orme dei santi
eucalipti dorati ti danno ombra
germoglio di madreperla
la tua anima bambina
tu agnella impigliata tra le spine
Il tuo antico dolore instancabile
cesella ora le gioie che ti adornano
e i raggi della luna ti incoronano
verdi scintille i tuoi occhi come
foglie
é Sion la tua dimora, tra le tende
dei beduini che salgono al santuario
crescono i virgulti sui tuoi passi
sciolti
e l'olio profumato ti impregna i
capelli.
Sei una carezza ora alla mia fronte
Perdonami per quello che MI HAI FATTO.
giovedì, aprile 21, 2016
giovedì, marzo 17, 2016
Cori descrittivi di stati d'animo di Didone
Dileguandosi l'ombra,
In lontananza d'anni,
Quando non laceravano gli affanni,
L'allora, odi, puerile
Petto ergersi bramato
E l'occhio tuo allarmato
Fuoco incauto svelare dell'Aprile
Da un'odorosa gota.
Scherno, spettro solerte
Che rendi il tempo inerte
E lungamente la sua furia nota:
Il cuore roso, sgombra!
Ma potrà, mute lotte
Sopite, dileguarsi da età, notte?
Il.
La sera si prolunga
Per un sospeso fuoco
E un fremito nell'erbe a poco a poco
Pare infinito a sorte ricongiunga.
Lunare allora inavvertita nacque
Eco, e si fuse al brivido dell'acque.
Non so chi fu più vivo,
n sussurrio sino all'ebbro rivo
O l'attenta che tenera si tacque.
III
Ora il vento s'è fatto silenzioso
E silenzioso il mare;
Tutto tace; ma grido
.
Il grido, sola, del mio cuore ,
Grido d'amore, grido di vergogna
Del mio cuore che brucia
Da quando ti mirai e mi hai guardata
E più non sono che un oggetto debole.
Grido e brucia il mio cuore senza pace
Da quando più non sono
Se non cosa in rovina e abbandonata.
VII.
Nella tenebra muta
Cammini in campi vuoti dogni grano:
Altero al lato tuo più niuno aspetti.
VIII.
Viene dal mio al tuo viso il tuo segreto;
Replica il mio le care tue fattezze;
Nulla contengono di più i nostri occhi
E, disperato, il nostro amore effimero
Eterno freme in vele d'un indugio.
X.
Non odi del platano
Foglia non odi a un tratto scricchiolare
Che cade lungo il fiume sulle selci?
Il mio declino abbellirò stasera;
A foglie secche si vedrà congiunto
Un bagliore roseo.
XIII.
Sceso dall'incantevole sua cuspide
Se ancora sorgere dovesse
Il suo amore, impassibile farebbe
Numerare le innumere sue spine
Spargendosi nelle ore, nei minuti.
Spargendosi nelle ore, nei minutì
XIV
Per patirne la luce,
Gli sguardi tuoi, che si accigliavano
Smarriti ai cupidi, agl'intrepidi
Suoi occhi che a te non si soffermerebbero
Mai più, ormai mai più.
Per patirne l'estraneo, il folle
Orgoglio che tuttora adori,
A tuoi torti con vana implorazione
La sorte imputerebbero
Gli ormai tuoi occhi opachi, secchi;
Ma grazia alcuna più non troverebbero,
Nemmeno da sprizzarne un solo raggio,
Od una sola lacrima,
Gli occhi tuoi opachi, secchi,
Opachi, senza raggi.
XV.
Non vedresti che torti tuoi, deserta,
Senza più un fumo che alla soglia avvii
Del sonno, sommessamente.
XIX.
Deposto hai la superbia negli orrori,
Nei desolati errori.
In lontananza d'anni,
Quando non laceravano gli affanni,
L'allora, odi, puerile
Petto ergersi bramato
E l'occhio tuo allarmato
Fuoco incauto svelare dell'Aprile
Da un'odorosa gota.
Scherno, spettro solerte
Che rendi il tempo inerte
E lungamente la sua furia nota:
Il cuore roso, sgombra!
Ma potrà, mute lotte
Sopite, dileguarsi da età, notte?
Il.
La sera si prolunga
Per un sospeso fuoco
E un fremito nell'erbe a poco a poco
Pare infinito a sorte ricongiunga.
Lunare allora inavvertita nacque
Eco, e si fuse al brivido dell'acque.
Non so chi fu più vivo,
n sussurrio sino all'ebbro rivo
O l'attenta che tenera si tacque.
III
Ora il vento s'è fatto silenzioso
E silenzioso il mare;
Tutto tace; ma grido
.
Il grido, sola, del mio cuore ,
Grido d'amore, grido di vergogna
Del mio cuore che brucia
Da quando ti mirai e mi hai guardata
E più non sono che un oggetto debole.
Grido e brucia il mio cuore senza pace
Da quando più non sono
Se non cosa in rovina e abbandonata.
VII.
Nella tenebra muta
Cammini in campi vuoti dogni grano:
Altero al lato tuo più niuno aspetti.
VIII.
Viene dal mio al tuo viso il tuo segreto;
Replica il mio le care tue fattezze;
Nulla contengono di più i nostri occhi
E, disperato, il nostro amore effimero
Eterno freme in vele d'un indugio.
X.
Non odi del platano
Foglia non odi a un tratto scricchiolare
Che cade lungo il fiume sulle selci?
Il mio declino abbellirò stasera;
A foglie secche si vedrà congiunto
Un bagliore roseo.
XIII.
Sceso dall'incantevole sua cuspide
Se ancora sorgere dovesse
Il suo amore, impassibile farebbe
Numerare le innumere sue spine
Spargendosi nelle ore, nei minuti.
Spargendosi nelle ore, nei minutì
XIV
Per patirne la luce,
Gli sguardi tuoi, che si accigliavano
Smarriti ai cupidi, agl'intrepidi
Suoi occhi che a te non si soffermerebbero
Mai più, ormai mai più.
Per patirne l'estraneo, il folle
Orgoglio che tuttora adori,
A tuoi torti con vana implorazione
La sorte imputerebbero
Gli ormai tuoi occhi opachi, secchi;
Ma grazia alcuna più non troverebbero,
Nemmeno da sprizzarne un solo raggio,
Od una sola lacrima,
Gli occhi tuoi opachi, secchi,
Opachi, senza raggi.
XV.
Non vedresti che torti tuoi, deserta,
Senza più un fumo che alla soglia avvii
Del sonno, sommessamente.
XIX.
Deposto hai la superbia negli orrori,
Nei desolati errori.
da Co
Benedizione del viaggiatore, San Patrizio
Possa la strada venirti incontro;
possa il vento soffiare
sempre alle tue spalle;
possa il sole splendere
sempre sul tuo viso
e la pioggia cadere
soffice sul tuo giardino
e fino a che non ci
incontreremo di nuovo
possa Dio tenerti
nel palmo della Sua mano
possa il vento soffiare
sempre alle tue spalle;
possa il sole splendere
sempre sul tuo viso
e la pioggia cadere
soffice sul tuo giardino
e fino a che non ci
incontreremo di nuovo
possa Dio tenerti
nel palmo della Sua mano
mercoledì, marzo 09, 2016
Per Marcos
Per Marcos che é nato il 5 di Marzo.
Quando un giorno ti lascia
Pensa all'altro che spunta.
Ê sempre pieno di promesse il nascere
Sebbene sia straziante
E l'esperienza d'ogni giorno insegna
Che nel legarsi, sciogliersi o durare
Non sono i giorni se non vano fumo.
Ungaretti
sabato, gennaio 16, 2016
mercoledì, gennaio 13, 2016
Die Wise
Die Wise teaches the skills of dying, skills that have
to be learned in the course of living deeply and well. Not a seven step
coping strategy, not an out-clause for trauma or sorrow, Die Wise is
for everyone who, hell or high water, is not going to pull off eternity
after all. Dying is not the end of wisdom and wisdom not exhausted by
dying. Dying could be and must be the fullest expression and incarnation
of what you’ve learned by living. It’s a moral obligation to die well.
If you love somebody, if you care about the world that’s to come after
you, if you want somebody to be spared the lunacy of what you’ve seen,
you’ve got to die wise.
Orphan Wisdom
mercoledì, gennaio 06, 2016
lunedì, gennaio 04, 2016
domenica, gennaio 03, 2016
Tolkien
The Gospel contains a fairy-story, or a story of a larger kind which
embraces all the essence of fairy-stories. They contain many
marvels—peculiarly artistic, beautiful, and moving: ‘mythical’ in their
perfect, self-contained significance; and among the marvels is the
greatest and most complete conceivable eucatastrophe. But this story has
entered History and the primary world; the desire and aspiration of
sub-creation has been raised to the fulfillment of Creation. The Birth
of Christ is the eucatastrophe of Man’s history. The Resurrection is the
eucatastrophe of the story of the Incarnation. . . . To reject it leads
either to sadness or to wrath.
Tolkien, “On Fairy-Stories,” 155-56
domenica, dicembre 27, 2015
+ B A R T O L O M E O
PER GRAZIA DI DIO ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI
NUOVA ROMA E PATRIARCA ECUMENICO
A TUTTO IL PLEROMA DELLA CHIESA
GRAZIA, MISERICORDIA E PACE DA CRISTO SALVATORE
NATO A BETLEMME
Fratelli e Figli amati nel Signore,
La dolcezza della Santa Notte di Natale avvolge ancora una volta il mondo. E nel mezzo delle pene e delle sofferenze dell’umanità, della crisi e delle crisi, delle passioni e delle inimicizie, delle insicurezze e delle delusioni prevale con lo stesso fascino di sempre, reale e attuale come mai, il mistero della incarnazione di Dio, che ci spinge a “imparare la giustizia, noi abitanti della terra” (Is. 26,9), poiché “per noi oggi è nato un Salvatore” (Lc. 2,11).
Purtroppo, tuttavia, nella nostra epoca molti uomini pensano come quell’uccisore di bambini, Erode, quell’ignobile e spietato, e annientano il loro prossimo in svariati modi. La mente distorta dal proprio egocentrismo del dominatore di tale mondo, che viene personificata nel volto omicida di Erode, ha visto paradossalmente un pericolo per la propria esistenza, la nascita di un bambino innocente. E come modo più opportuno per proteggere il proprio potere mondano dal pericolo che gli ispirava – dal suo punto di vista – la nascita del bambino, ha scelto di annientarlo.
Per salvarsi dalle intenzioni omicide, il Bambino Gesù, di cui ne hanno parlato gli Angeli, fu obbligato a fuggire in Egitto, costituendo così, diremmo secondo la terminologia della nostra epoca, “un rifugiato politico”, unitamente a Maria, Sua Madre, la Santissima Madre di Dio e a Giuseppe suo sposo.
Nella nostra epoca, considerata come un’epoca di progresso, molti bambini sono costretti a diventare profughi, seguendo i propri genitori, per salvare la propria vita, vita che i loro molteplici nemici guardano con sospetto. Tale fatto costituisce una ignominia per il genere umano.
Perciò anche durante la Nascita del Bambino Gesù, il nostro vero redentore e Salvatore, dal Santissimo Trono Ecumenico, Apostolico e Patriarcale proclamiamo, che tutte le società devono assicurare una crescita serena dei bambini e rispettare il loro diritto alla vita, alla educazione e alla loro crescita sociale, che può essere loro assicurata dalla alimentazione e dalla istruzione nell’ambito della famiglia tradizionale, con base i principi dell’amore, della filantropia, della pace, della solidarietà, beni che il Signore incarnato ci offre .
Il Salvatore che è nato, chiama tutti ad accogliere questo messaggio di salvezza degli uomini. E’ vero che lungo la storia dell’uomo, i popoli hanno effettuato molte migrazioni ed insediamenti. Speravamo tuttavia che dopo le due guerre mondiali e le dichiarazioni sulla pace di leader ecclesiastici e politici e di organismi, le società odierne avessero potuto assicurare la convivenza pacifica degli uomini nei propri paesi. I fatti purtroppo deludono la speranza, in quanto grandi masse di esseri umani, difronte alla minaccia del loro annientamento, sono obbligati a prendere la via della migrazione.
Tale situazione creatasi, con l’onda continuamente crescente dei profughi, accresce la nostra responsabilità, quanti abbiamo ancora la benedizione di vivere in pace e con qualche comodità, a non restare insensibili davanti al dramma giornaliero di miglia di nostri fratelli, ma ad esprimere loro la nostra tangibile solidarietà e amore, con la certezza che ogni beneficenza verso di loro, giunge al volto del Figlio di Dio che è nato ed ha preso carne, il Quale non è venuto al mondo come un re, o come un dominatore, o come un potente, o come un ricco, ma è stato generato come un bimbo ignudo ed inerme, in una piccola stalla, senza un focolare, così come vivono in questo momento migliaia di nostri fratelli, ed è stato obbligato nei primi anni della Sua vita terrena a espatriare in una terra lontana, per salvarsi dall’odio di Erode. Potremmo dire, che la terra ed il mare bevono il sangue innocente dei bambini dei profughi di oggi, mente la anima insicura di Erode “ha ricevuto il giudizio”.
Questo divino fanciullo nato e portato in Egitto, è il reale difensore dei profughi di oggi, dei perseguitati dagli Erode di oggi. Egli, il Bambino Gesù, il nostro Dio, “si è fatto debole con i deboli” (1 Cor. 9,22), simile a noi, ai privi di forza, agli umiliati, a coloro che sono in pericolo, ai profughi. L’assistenza ed il nostro aiuto verso i perseguitati ed i nostri fratelli deportati, indipendentemente dalla razza, stirpe e religione, saranno per il Signore che nasce, doni assai più preziosi dei doni dei magi, tesori più onorabili “dell’oro, dell’incenso e della mirra” (Mt. 2,11), ricchezza spirituale inalienabile e unica, che non si rovinerà per quanti secoli passeranno, ma ci attenderà nel regno dei Cieli.
Offriamo dunque ciascuno di noi, quanto possiamo al Signore, che vediamo nel volto dei nostri fratelli profughi. Offriamo al piccolo Cristo partorito oggi a Betlemme, questi venerabili doni dell’amore, del sacrificio, della filantropia, imitando la sua benevolenza, e prosterniamoci a Lui con gli Angeli, i magi ed i semplici pastori, gridando “gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc. 2,14), assieme a tutti i Santi.
La grazia e la copiosa misericordia del profugo Bambino Gesù, siano con tutti voi!
Natale 2015
Il Patriarca di Costantinopoli
Fervente intercessore presso Dio per tutti voi.
venerdì, dicembre 25, 2015
Valaquenta
"Per arroganza, dallo splendore decadde al disprezzo di tutte le cose
salvo se stesso, spirito funesto ed impietoso. Trasformò l'intellezione
in sottigliezza pervertendo alla propria volontà quanto poteva
servirgli, fino a che divenne un bugiardo privo di qualsiasi vergogna.
Cominciò con il desiderio della Luce, ma quando non riuscì a possederla
esclusivamente per sé, calò, tra fuoco e ira, dentro un grande incendio,
giù nell'Oscurità."
giovedì, dicembre 24, 2015
martedì, dicembre 15, 2015
sabato, dicembre 12, 2015
Solzhenitsyn
“… We turned our backs upon the Spirit and embrace all that is
material with excessive and unwarranted zeal. This new way of thinking,
which has imposed upon us its guidance, did not admit the existence of
intrinsic evil in man nor did it see any higher task than the attainment
of happiness on earth. It based modern Western civilization on the
dangerous trend to worship man and his material needs… Merely freedom
does not in the least solve all the problems of human life and it even
adds a number of new ones.”
Solzhenitsyn
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