giovedì, maggio 14, 2009
Storia della calligrafia cinese
genseki
mercoledì, maggio 13, 2009
Variazioni su di un tema di Rimbaud II
Dove mancano i pioppi, oggi,
E fioriscono gli agrumi
Dalla fiaschetta dorata
Sorseggio il distillato di artemisia
In memoria dei miei giorni morti
Delle radure sconosciute
Degli squarci di azzurro tra i faggi
Sotto l'erba correva allora l'acqua
Bianca come ogni sostanza seminale
Come ogni acqua materna
E i corvi sapevano dove li avevano nascosti
I cadaveri dei giorni
Proprio nei punti dove i boschi si gonfiavano
Come ascessi
E la pioggia era un'illuminazione cristallina
Pioggia di aghi allora sollevava
l profumi acuti del rosmarino
Solo i corvi lo sapevano
Dove dovevo scavare
Ubriaco di artemisia nella cunetta
Stanco, stanco del sole.
genseki
martedì, maggio 12, 2009
Gilles de Rais
Questi emissari giravano per borghi e villaggi alla cacia del bambino agli ordini del Grande Cacciatore, il Signore di Bricqueville. Non contento di questi battitori, Gilles si metteva alle finestre del castello e quando qualche giovane mendico, attirato dalla fama delle sue liberalitá domandava l'elemosina, egli lo valutava con uno sguardo, faceva salire quelli la cui fisionomia lo incitava allo stupro e li gettava in una secreta fino a quando, affamato non esigesse il suo pasto carnale.
Quanti bambini sgozzó dopo averli violentati? Egli stesso lo ignorava. aveva commeso tanti stupri e tanti omicidi! I testi del tempo parlano di settecento ottocento vittime, ma questo numero è insufficiente, sembra inesatto. Regioni intere furono devastate; i casinali di Tiffauges non avevano piú bambini, a Suze non c'erano piú maschietti; a Champtocé tutto il fondo di una torre era pieno di cadaveri; un testimone citato nell'strutoria Guillaume Hylairet dichiara anche: “aveva udito dire che aveva trovato in quel castello una condotta piena di bambini morti”.
Ancora oggi persistono tracce di quei delitti. Comunque Gilles confesó spaventosi olocausti che i suoi amici confermarono con tuti gli spaventosi dettagli. Al tramonto quando i loro sensi sono come staffilati dal succo potente delle cacce, infiammati da bevande ardenti e speziate, Gilles e i suoi amici si ritirano in una camera lontana el castello. Qui i bambini prigionieri nelle fosse sono condotti, denudati, imbavagliati; il Maresciallo li palpa e li viola, poi li squarta a colpi di daga, si diverte a smembrarli pezzo a pezzo. Altre volte apre loro il petto e beve l'alito dei polmoni; apre loro il vente, lo fiuta, allarga la ferita con le mani e vi si siede dentro. Allora mentre si macera nel fango umido delle tiepide interiora guarda sopra la sua spalla per contemplare le supreme convulsioni degli ultimi spasimi. Lui stesso ha detto: “Ero piú contento di godere delle torture, delle lacrime, del terrore e del sangue che di tutti gli altri piaceri”.
lunedì, maggio 11, 2009
Non si cerca lo spirito con lo spirito
La cosa migliore è entrare senza ambagi nel non-spirito, tale è, infatti, il metodo fondamentale. È come quel valoroso che ha perduto la perla che adorna la sua fronte. La cerca ovunque e mai non la trova finché un saggio gliela mostra ed egli si rende conto che si trova proprio tra le sue spracciglia dove, del resto, era sempre stata.
I discepoli dunque hanno perduto il loro spirito fondamentale, non vi trovano il Buddha che cercano altrove, si dedicano a pratiche meritorie, e, seguendo il cammino della testimonianza progressiva erseguon per interi kalpa il loro obiettivo e non raggiungono mai il fine della Via.
Quanto meglio sarebbe per loro se si attenessero direttamente al non-spirito!
Variazioni su di un tema di Rimbaud
tra l'intrico delle varie ramificazioni
Dei piselli e dei fagioli
Minacciata dai carciofi e dalla sventura
Dell'orizzonte, la soglia della clorofilla
Rugginosa e ribollente
Ancora piú primordiale del latte
Il cui ricordo pur persisteva
Nella loro menti da prima che fosero di carne
E anche il vecchio lupo era un ricordo
Un ricordo spelacchiato di paure infantili
Abbandonato come un peluche adolescente
Sotto le foglie del cavolo che sapevano di burro
Svolazzavano nell'aria, non piume, no.
Piuttosto residui del festino del sole
Laggiù con le ultime stelle stanche.
genseki
Gloomy sunday
Triste domenica
Triste domenica di fiori bianchi
Orna l'altare una folle speranza
In cui si prostra lo spirito lasso
Mentre la bocca non cessa l'appello
In sogno spegnesi l'occaso estivo
Stanco del sogno di vana attesa
Triste domenica!
Tu non comprendi l'angustia orribile
Di questa attesa senza vederti
Ti prego affrettati or devo andare
Lo vedi! Muio folle d'affanno
Ah se tu fossi bianco sudario
Che copra infine l'ultima ora.
Triste destino!
Amato
Presso la bara di fiori adorna
Sta il sacerdote e a lui sussurro:
amo ed attendo.
Senza timore fissa i miei occhi
Aperti e morti a te rivolti
Con le tue dita li devi chiudere
E solo allora potró dormire
Suon le campane or devo andare.
Triste domenica!
È giunta l'ora che debbo partire
Stringerti voglio nell'ultimo viaggio
Ma dentro sento che non verrai
A visitarmi domenica, amato
Che nella tomba t'ho da aspettare.
genseki
Triste destino!
sabato, maggio 09, 2009
venerdì, maggio 08, 2009
Quelli che ascoltano Brückner
Sanno che il volo dei falchi
Ê un manuale di architettura gotica
Non tracciano rotte aeree
Delineano guglie intuiscono
Volte vertiginose, grotte luminose
In quello che resta di cielo.
Quelli che ascoltano Brückner
Sanno che il volo delle allodole
Ê un cuore, è sistole e diastole
Ê piccola spugna di sangue prezioso
Brivido giacinto allo scoppio del motore.
Quelli che acoltano Brücner
Ascoltano spesso i quartetti
Con il loro intimismo un po' legnoso
Ma tenero
E la cascata di luci e di rose astrologiche
Della Sinfonia n. IX
E sanno che sotto la scorza del carrubo
Si cela una carne rosa come recente ferita.
Quelli che ascoltano Brükner
Sanno riconoscere le frane di luce
Da piccole variazioni purpuree
Dei fiori dell'aloe
E notano le corna di un cervo
Nel palmizio del loro passato.
Quelli che acoltano Brückner
Sanno che le oasi sono verticali
Al desiderio
E che un adagio congeda momenti
Isolandoli nel tempo come gesti sospesi.
genseki
Il talismano
Il nulla è i tuorlo del'uovo talismanico.
In vecchiaia ho perduto questa capacitá ma continuo ad accumulare potenziali talismani in fondo agli armadi, in una cpace borsa di forte plastica che comprai nel tempio taoista della Nuvola Bianca di Pechino.
genseki
mercoledì, maggio 06, 2009
Tra due mondi
Quel viaggio mi condusse dalla carnalitá del maggio sanguinoso alla fredda nebbiolina di un aprile apeninnico. Era un viaggio esattamente al confine tra la vita e la morte. Ma anche i confini, le linee, le soglie e i limiti hanno un dentro e un fuori rispetto a se stessi, naturalmente, e non a quanto delmitano. Mi trovavo piuttosto dentro, cioè verso il lato della morte, dal quale osservare la via come un'abitudine.
Fu certo una specie di caso che finissi per incontrare L. ad un casello autostradale che é l'equivalente moderno di un quadrivio sacro al Dio Messaggero, sotto una pioggia furiosa. La invitai a un caffé lassú oltre il bosco nebbioso e spoglio che tardava ad aprirsi al rigoglio stagionale fino all'umido santuario inevitabilmente grotta.
La cameriera era un giovane travestito alla soglia di una trasformazione forse radicale, non ancora nemmeno crisalide il cui culo magro stretto in un paio di pantaloni floreali suscitava in me forsennati e dolenti desideri carnali.
Figura sospesa tra due mondi di cui uno pareva pura negazione.
Un angelo bianco piú gonfio di una porcheria di Botero presideva al nostro malinconico rito.
Ma lei era per me sempre la raggiante.
La regina del bosco che lo ignora e si ignora perduta nel suo sogno di tetti e cortili.
genseki
martedì, maggio 05, 2009
Olav H. Hauge - Tid å hausta inn
Poesia e natura sono due facce della stessa marginalità, di un'unico tramonto.
Il tramonto del tipo di uomo che poteva leggere l'una attraverso l'altra.
genseki
Olav Hauge
Olav Hauge
Ogni giorno
Le grandi tempeste
Le hai alle tue spalle
Non domandavi un tempo
Perché esistevi,
Da dove venivi o dove stessi andando,
Eri soltanto nella tempesta,
ri nel fuoco
Ma si può anche vivere
Nella vita di ogni giorno
Il grigio calmo giorno
Piantare patate, rastrellare foglie
E raccogliere rametti,
Ci sono tante cose a cui pensare al momento,
A tutto non basta la vita di un uomo.
Dopo il lavoro puoi arrostire il maiale
E leggere poesie cinesi
Il vecchio Laerte tagliava i rovi
E rincalzava il fico
E lasciava gli erosi combattere a Troia
*
La falce
Sono tanto veccio
Da non lasciare la falce,
Cantare sommessa nell'erba,
E i pensieri possono correre.
Non fa nemmeno male,
Dice l'erba,
Cadere sotto la falce.
*
Da Dio all'Io
È il resoconto riassuntivo del viaggio da Dio all'Io. Ovvero Dio che si fa Io. E Io che ritorna Dio dpo aver attraversato la Valle della ragion pratica.
Dio e Io sono qui due volti dello stesso assoluto che come io è ancora piú lontano che come Dio.
Dio si spoglia della personalitá per diventare un Io assoluto, assolutamente impersonale
genseki
Schelling a Hegel
Lettera sull'immortalitá dell'anima e su Dio
Lettera di Schelling a Hegel del 4 Febbraio 1795
trad genseki
lunedì, maggio 04, 2009
I due giudei
Vecchi gelosi
Chiudete i chiavistelli
A prova di grimaldelli
(Canzon del povero diavolo)
Due giudei che si erano venuti a fermare proprio sotto la mia finestra contavano misteriosamente sulla punta delle dita le ore – ahi quanto lente! - della notte.
Avete denaro con voi Maestro? - chiese il piú giovane all'anziano che conversava con lui.
Ti par che questa borsa sia un sonaglio per allietare un infante?
Quand'ecco che un fiotto di folla si scaraventó con strepito fuori dai borghi circostanti e le loro grida si frantumaron contro i miei vetri come i confetti di una cerbottana.
Erano i barbetti che gioiosamente correvano verso la piazza del mercato da dove provenivano scintille di paglia e un certo odor d'arrosto.
Trallalla lalla, mi inchino alla Luna mia Signora! - Per di qua masnada dello Zoppo! Due giudei fuori di caa durante il coprifuoco!- Ammazzali! Ammazzali! Agli ebrei il di , alle lingere la notte.-
Le campane fesse strepitavano lassù dai campanili di Sant'Eustachio il gotico: - Dindon dan, dindon dan! -
Aloysius Bertrand
trad. genseki