mercoledì, maggio 06, 2009
Tra due mondi
Quel viaggio mi condusse dalla carnalitá del maggio sanguinoso alla fredda nebbiolina di un aprile apeninnico. Era un viaggio esattamente al confine tra la vita e la morte. Ma anche i confini, le linee, le soglie e i limiti hanno un dentro e un fuori rispetto a se stessi, naturalmente, e non a quanto delmitano. Mi trovavo piuttosto dentro, cioè verso il lato della morte, dal quale osservare la via come un'abitudine.
Fu certo una specie di caso che finissi per incontrare L. ad un casello autostradale che é l'equivalente moderno di un quadrivio sacro al Dio Messaggero, sotto una pioggia furiosa. La invitai a un caffé lassú oltre il bosco nebbioso e spoglio che tardava ad aprirsi al rigoglio stagionale fino all'umido santuario inevitabilmente grotta.
La cameriera era un giovane travestito alla soglia di una trasformazione forse radicale, non ancora nemmeno crisalide il cui culo magro stretto in un paio di pantaloni floreali suscitava in me forsennati e dolenti desideri carnali.
Figura sospesa tra due mondi di cui uno pareva pura negazione.
Un angelo bianco piú gonfio di una porcheria di Botero presideva al nostro malinconico rito.
Ma lei era per me sempre la raggiante.
La regina del bosco che lo ignora e si ignora perduta nel suo sogno di tetti e cortili.
genseki
martedì, maggio 05, 2009
Olav H. Hauge - Tid å hausta inn
Poesia e natura sono due facce della stessa marginalità, di un'unico tramonto.
Il tramonto del tipo di uomo che poteva leggere l'una attraverso l'altra.
genseki
Olav Hauge
Olav Hauge
Ogni giorno
Le grandi tempeste
Le hai alle tue spalle
Non domandavi un tempo
Perché esistevi,
Da dove venivi o dove stessi andando,
Eri soltanto nella tempesta,
ri nel fuoco
Ma si può anche vivere
Nella vita di ogni giorno
Il grigio calmo giorno
Piantare patate, rastrellare foglie
E raccogliere rametti,
Ci sono tante cose a cui pensare al momento,
A tutto non basta la vita di un uomo.
Dopo il lavoro puoi arrostire il maiale
E leggere poesie cinesi
Il vecchio Laerte tagliava i rovi
E rincalzava il fico
E lasciava gli erosi combattere a Troia
*
La falce
Sono tanto veccio
Da non lasciare la falce,
Cantare sommessa nell'erba,
E i pensieri possono correre.
Non fa nemmeno male,
Dice l'erba,
Cadere sotto la falce.
*
Da Dio all'Io
È il resoconto riassuntivo del viaggio da Dio all'Io. Ovvero Dio che si fa Io. E Io che ritorna Dio dpo aver attraversato la Valle della ragion pratica.
Dio e Io sono qui due volti dello stesso assoluto che come io è ancora piú lontano che come Dio.
Dio si spoglia della personalitá per diventare un Io assoluto, assolutamente impersonale
genseki
Schelling a Hegel
Lettera sull'immortalitá dell'anima e su Dio
Lettera di Schelling a Hegel del 4 Febbraio 1795
trad genseki
lunedì, maggio 04, 2009
I due giudei
Vecchi gelosi
Chiudete i chiavistelli
A prova di grimaldelli
(Canzon del povero diavolo)
Due giudei che si erano venuti a fermare proprio sotto la mia finestra contavano misteriosamente sulla punta delle dita le ore – ahi quanto lente! - della notte.
Avete denaro con voi Maestro? - chiese il piú giovane all'anziano che conversava con lui.
Ti par che questa borsa sia un sonaglio per allietare un infante?
Quand'ecco che un fiotto di folla si scaraventó con strepito fuori dai borghi circostanti e le loro grida si frantumaron contro i miei vetri come i confetti di una cerbottana.
Erano i barbetti che gioiosamente correvano verso la piazza del mercato da dove provenivano scintille di paglia e un certo odor d'arrosto.
Trallalla lalla, mi inchino alla Luna mia Signora! - Per di qua masnada dello Zoppo! Due giudei fuori di caa durante il coprifuoco!- Ammazzali! Ammazzali! Agli ebrei il di , alle lingere la notte.-
Le campane fesse strepitavano lassù dai campanili di Sant'Eustachio il gotico: - Dindon dan, dindon dan! -
Aloysius Bertrand
trad. genseki
venerdì, maggio 01, 2009
Ardenter amat amantem
Ficino
De Raptu Paoli
Trad. genseki
Ardenter amat amantem
Marsilius Ficinus
martedì, aprile 28, 2009
Congiura egli spagnoli contro Venezia II
Saint-Réal
trad. genseki
lunedì, aprile 27, 2009
Filosofia della Natura
Certamente la forza del linguaggio, la sorpresa esatta di un'immagine:
"Le stelle possiedono la puntualitá di permanere nell'astratta identitá della luce"
Hegel Werke t VII
Settima elegia
Vivo nel nome delle foglie, possiedo nervature
Passo dal verde al giallo e
Mi lascio morire nell'autunno.
Nel nome della pietra vivo e permetto
Che mi si colpisca cubicamente sulle strade
percorse da automobili veloci.
Vivo nel nome delle mele, possiedo
Sei piccoli semi sputati tra i denti
Dalla fanciulla che ha perduto la ragione
Tra pigre danze di ebonite
Nel nome del mattone io vivo
Con polsini di calce, rigidi
Ad ogni mano, abbracciando
Un possibile tuorlo di esistenza
Sacro non lo saró mai. Molta
Troppa è la mia immaginazione
Di altre forme concrete
Per questo ho così poco tempo per pensare
Alla mia stessa vita.
Eccomi. Vivo in nome dei cavalli
Nitrisco, sotto gli alberi potati.
Vivo nel nome degli uccelli,
Ma soprattutto del volo.
Credo di avere le ali, però
Nessuno le vede. Tutto per il volo
Tutto
Non appoggiare ció che c'è giá
su ciò che ci sará.
Allungo una mano che per dita
Ha altre cinque mani, che
Per dita hanno cinque altre mani, che
Per dita
Hanno cinque mani.
Tutto per abbracciare
Minuziosamente, tutto,
Per palpare paesaggi non nati
Per graffiarli a sangue
Con una presenza.
Nichita Stanescu
trad. genseki
giovedì, aprile 23, 2009
Vecchia talpa
mercoledì, aprile 22, 2009
Sull'amore coniugale
Otia si capian animum quid mollius umbra,
Fundit quam multa populus alba coma,
Quam platanus platanoque decens intersita laurus
Et quae tan raro citrus honore viret?
Sin labor, ut teneras hortis diponere plantas;
Ut iuva virentes carpere mane rosas
Aut tenuem e foliis Laribus pinxisse coronam
Et suae tritilicae serta parare deae,
Nunc legere arbuteos fetus montanaque fraga
Aureaque in calathis mala referre novis
Nunc agere incautas in retia carca volucre
Mille moos placidi rura laboris habent!
...
Hic tecum, coniunx, vita frunda mihi est:
Ista semana nos fata manent. Mors usque vagatur
Improba, vis mortem fallere? Vive tibi
Pontanus
De amore coniugali
mercoledì, aprile 08, 2009
Pasqua 2009
Agostino
Confesiones I, 13
trad. genseki
Nikita Stanescu
Prima elegia
Dedicata a Ddedalo
Della famosa stirpe degli artigiani
Dei dedaliani
Comincia e finisce in se stesso
Nessun'aura lo annuncia, nessuna
Cometa lo segue.
Nulla spunta fuori da esso
Per questo non ha volto
Non ha forma
Simile a sfera
Un grande corpo
Avvolto da una pelle sottile.
Ha ancora meno pelle, tuttavia,
Di una sfera.
È la perfezione dell'interiore,
Non ha margine
Pur essendo ben delimitato.
Non lo segna la storia
Dei suoi movimenti
Come le orme dei ferri seguono
I cavalli.
Non ha presente
ma è difficile immaginare
In che modo non lo abbia
Completamente interno
Dentro il punto stesso
Piú concentrato ancora che in un punto.
Non urta nulla
Nulla lo ostacola
Non ha parti esteriori
Con cui urtare.
Avvolto in esso,
Qui, io dormo.
Tutto l'opposto d tutto
Non si oppone
Non nega
Dice No solo colui
Che comprende il Si
Chi tutto conosce
Nel No e nel Si ha le foglie strappate.
Eppure non dormo solo io qui
Con me dorme la serie di coloro
Il cui nome io porto,
La serie degli uomini mi abita
una spalla. La serie delle donne l'altra.
Ma non possono nemmeno penetrarvi. Soo
Piume invisibili
Agita le ali - qui -
Nella perfezione dell'interiore
Che in sé comincia e
In sé finisce.
Da nulla annunziato
Nessuna cometa lo segue.
*
Seconda Elegia
Getica
Nella cavitádi ogni tronco viveva un Dio
Se in qualche pietra si apriva una crepa
Ecco che subito vi collocavano un Dio.
Bastava che un ponte crollasse
Perché al suo posto mettessero un Dio
O che nella strade apparisse un fosso
Per collocarvi un Dio.
Non farti tagli alle mani o ai piedi
Per nessuna ragione,
Ci metterebbeo dentro un Dio
Come ovunque,
Un Dio da rispettare che protegga
Tutto quanto da noi si separa.
Lottatore, attento a non perdere un occhio
Porteranno un Dio e lo inseriranno nel'orbita
E le nostre anime rabbrividendo lo glorificheranno
E anche tu obbligherai la tua anima
A rendergli gloria.
Trad genseki
giovedì, aprile 02, 2009
C'è un paradosso nel marxismo
Marx
Nel momento in cui l'acqua e il vento sono forze cieche ecco che io posso navigare. Da qui questa altra navigazione politica che guarda ai bisogni, agli utensili, ai lavori, elementi ciechi, senza capricci, che non barano e contemporaneamente con questa separazione dello spirito dal corpo la volontá trova le sue armi e testa la sua potenza.
Uno dei termini illumina l'altro come si dice e come si dimostra ma astrattamente, mentre in ogni momento, nell'azione bisogna trovare lo spirito puro se si vuol trovare lo spirito puro. da qui si comprende che i nostri sociologhi mistici sono al livello dei maghi della pioggia. Invece ogni minimo cambiamento nelle condizioni inferiori è come un colpo di remo nell'acqua.;puó essere dato bene o male, ma una buona traversata o un naufragio dipendono dalle stesse leggi, e la sola differenza, per quanto riguarda l'azione dell'uomo, consiste in movimenti minimi, in minimi lavori, tutti orientati da uno spirito previdente e senza paura.
Alain
trad genseki