Hegel
Legge naturale
Werke II
Pagg. 496-97
trad genseki
Ma se è tuo dovere
Contar i giorni della vita mia
Presto riposerai poiché le cure
E le tante premure
Che nutre lacrimoso
Il cor mio doloroso
L'ardente fiamma ria
Ch'amor attizza nelle vene oscure
(men che di sangue son di fuoco piene)
Mi spinge con gran possa
Nel grembo della morte, e mi accorcia il cammino
Ché con pie doloroso
Misero pellegrino
Vo`dando giri presso la nera fossa.
Ben so che sono fiato fuggitivo
Giá so, già temo, già son fatto accorto
Che polvere saró, quale tu, da morto
E vetro son, quale tu sei, da vivo.
Quevedo
Poesie Morali
Trad. genseki
“Il “Vakúf”, - Ció che è rovina di chiesa o bene che gli appartenga – nell'idea del popolo ha in se stesso una forza misteriosa, quasi magica. Guai a chi tocca quella pianta o introduce tra quella rovine il gregge, le capre divoratrici di ogni fronda; sará colto all'improvviso da un malanno; rimarrá storpio, paralitico, mentecatto, come se si fosse imbattuto, in mezzo agli ardori meridiani o durante la notte oscura e piena di perigli in qualche “Ora” o “Zana” laddove queste fate invisibili e in perfetto silenzio stanno sedute a una tavola rotonda o in mezzo al sentiero.”
C'è ancora qualche altro accenno nel corso dell'articolo.
Questa nota di Gramsci cosi estranea al corso delle sue preccupazioni intellettuali quali esse ci appaiono nei Quaderni, cosí apparentemente divagatoria nella ci permette forse, per un istante di entrare nell'intimo della sua mente, di intravedere una fazione infinitesima del gomitolo di pensieri e desideri che continuamente si srotola nel suo e nel nostro cevello e che come un ronzio ci assicura che esistiamo. È questo ronzio quello che abbiamo di piú nostro, di piú personale, di piú simile ad una Io permanenente.
In queste poche righe di annotazione possiamo cogliere la tenerezza infantile del desiderio di un mondo di favole e di leggende, forse un appena un bagliore della strana convinzione di Gramsci di essere di origine albanese, la nostalgia della Sardegna arcaica, proprio quando anche la sua infanzia si fa per lui aracaica e il passato della terra leggendaria e della biografia perduta il solo orizzonte possibile.
L'isolamento delle rovine delle vecchie chiese è il correlativo simbolico dell'isolamento carcerario del suo corpo, anch'esso appunto segregato e in rovina.
Gramsci sente il suo corpo come il tempio, come il recinto del sacro nella sola forma in cui a lui è dato sentirlo.
Tutto questo nellinfinita noia dolente, nell'agonia ovattata di un pomeriggio carcerario.
genseki
di esso parla Cesare Abba nel suo memoriale garibaldino pare che lo leggesse il Padre Canata nel Liceo Scolopico di Carcare.
Il contrasto tra l'abiezione, l'indifferenza e lo spettacolo è qui rapresentata con una precisione geometrica che ne fa qualche cosa di piú e di diverso da un testo di propaganda o di battaglia culturale anticlericale, ne fa una riflessione lucida su come la violenza e il dolore inflitto distruggano e le vittime e i carnefici, spoglino entrambi di qualsiasi dignitá. Gli inquisitori e gli eretici sono ridotti a grige comparse dementi bloccate nella confabulazione piú viscosa, triturate dalla tautologia, sfigurate dala perversione sistematica di ogni parola.
Tutti sono macchine che producono non senso. Passa nella mente di chi legge l'alito cinerino e morbido della demenza. Quello che resta è vergogna una vergogna piú profonda di ogni possibile pietá.
genseki
Compiute le formalità, bandito ad alta voce l'ostinato proponimento d' colpevoli, lette le sentenze in latino, prima la donna salì sul palco; e due frati manigoldi la legarono al tronco, e diedero fuoco alle chiome, imbiotate innanzi di unguenti resinosi acciò le fiamme durassero vive attorno al capo: indi bruciarono le vesti, anch'esse intrise nel catrame, e partirono.
La misera rimasta sola sul palco, mentre gemeva e le ardevano intorno e sotto i piedi le fiamme, cadde col coperchio del rogo; scomparso il corpo, rimasero ai sensi degli spettatori i gemiti di lei; le fiamme, il fumo, che andavano ad oscurare l'alta croce di Cristo svergognata.
Così fra' Romualdo morì nell'altro rogo, dopo aver visto il martirio della compagna.
Tra gli spettatori notatasi un drappello sordido, mesto, di ventisei prigioni del Santo Uffizio, voluti presenti alla cerimonia: soli fra tutti che piangessero di quei casi, perciocché gli altri, sia per viltà, o ignoranza, o religion false, o empia superstizione, applaudivano l'infame olocausto……
…Descrisse quell'atto in grosso volume Antonio Mongitore……
Io non diró che siano le dottrine piú o meno poetiche e non-filosofiche che esporró quelle che mi fanno vivere, oso tuttavia affermare che è il mio anelo di vivere e di vivere per sempre che me le ispira. E se grazie ad esse potró corroborare e sostenere questo stesso anelo che forse sta venendo a mancare in altri, avró fatto opera umana o perlomeno avró vissuto. In una parola: con la ragione, contro la ragione o senza la ragione, io non ho voglia di morire. E, quando alfin morró, se é per sempre, non mi saró ucciso io, cioé non mi saró lasciato morire, sará il destino umano che mi avrá ucciso.
Unamuno
Del Sentimento Tragico della Vita
trad. genseki
La rielaborazione della perdita e del lutto comporta l'assunzione dell'infanzia, un viaggio nel proprio passato, nel vuoto, negli inferi della personalitá che va formandosi e deformandosi. da questa discesa nell'abisso della terra la madre va mergendo come l'asse portante, che permette la coerenza el ricordo e la continuitá dell'io. La madre è colonna e colonnato e arco: asse e protezione. L'icona della madre è quella della Vergine, madre di dio padre. Nella mitologia familiare di Vallejo, oltre ogni etnicismo e senza tirare in ballo la psicanalisi, il padre è fratello e in parte anche figlio.
Se la madre assume la forma icona della Vergine Maria, il padre è il Padre e il Cristo contemporanemente.
L'immortalitá è propria della madre, affermata e riaffermata nelle forma di una immanenza e di una quiddità assolute: “cosí...così” che ritmano il rifiuto di qualsiasi orizzonte di trascendenza. L'immortalitá della madre è assolutamente carnale, corporale e architettonica.
genseki
Trilce XV
Madre, domani verró a Santiago
Per bagnarmi nel tuo pianto benedetto
Ora che vado riordinando piaghe e delusioni
Di false faccende.
Mi aspetterá il tuo arco di stupore,
Le tue colonne d'ansie tonsurate
Che finiscono con la vita e col cortile
Il corridoio tutto stucchi e gale;
Mi aspetterá il seggiolone aio
Quell'affare a ganasce di dinastico cuoio
Che con cinghie e laccetti stringe stretto
Natiche pronipoti.
Sto setacciando i miei piú puri affetti
Sto trivellando, non odi la sonda?
Non odi le campane strepitanti?
La tua formula d'amore sto plasmando
Per ciascuno dei vuoti del suolo
Per tutte le cinture piú distanti
E per le citazioni piú distinte.
Cosí morta immortale, cosí
Sotto l'arcata doppia del tuo sangue
Ove passar si debe con riguardo
Con un riguardo tale che mio padre
Persino lui si fece mezzo uomo
Fino ad essere il primo dei tuoi figli.
Cosí morta immortale,
Nel colonnato delle tue ossa
Che non cadrebbe neppure per le lacrime
E nel cui fianco non poté insinuare
Il destino nessuna delle dita
Così, madre immortale, cosí.
trad genseki
Nel quindicesimo secolo le due tendenze estreme dell'anima furono rappresentate da Giovanna d'Arco e dal Maresciallo de Rais. Non vi é alcuna ragione per affermare che Gilles fosse piú folle della Pulzella i cui meravigliosi eccessi non hanno relazione alcuna con manie e deliri.
Quando gli esperimenti alchemici e le evocazioni diaboliche falliscono Prelati, Blanchet e tutti i maghi e stregoni che circondano il Maresciallo ammettono che per agganciare Satana, Gilles avrebbe dovuto cedergli o l'anima o la vita o commettere crimini.
Gilles rifiuta di alienare la sua esistenza e di abbandonare l'anima, ma pensa senza orrore agli assassinii. Quest'uomo, tanto valoroso sui campi di battaglia, tanto coraggioso quando difende e accompagna Giovanna d'Arco, trema davanti al iavolo, ha paura quando pensa alla vita eterna, quando pensa a Cristo. E lo stesso vale per i suoi complici; per essere sicuro che essi non riveleranno i rivoltanti abomini che il castello nasconde, fa loro giurare il segreto sui santi evangeli, sicuro che nessuno di loro romperá il giuramento, perché, nl medio Evo , il piú impavido dei banditi non oserebbe assumere su di sé irremissibile misfatto di ingannare Dio!.
Comunque resta il fatto che mentre gli alchimisti abbandonano i loro fornelli impotenti, Gilles si abbandona a orge spaventevoli e la sua carne arsa dalle essenze disordinate delle bevute dei piatti, entra in eruzione, bolle e tumultua.
Non vi erano donne nel castello; Gilles sembra aver esecrato il sesso a Tiffauges. Dopo le bagasce degl accampamenti le prostitute della corte di carlo VII, sembra che lo abbia colto il disprezzo per le forme femminili. Come coloro il cui ideale di concupiscenza si altera e si svia, giunge a essere disgustato dalla delicatezza della pelle e dall'odore della donna che tutti i sodomiti detestano.
Egli conduce alla depravazione i ragazzi del coro della sua cappella, li aveva scelti “belli come angeli”. Furono i sol che egli amó e i soli che nei raptus omicidi risparmió.
Ma presto questa salsa di eiaculazioni infantili gli parve insipida. La legge del satanismo che vuole che l'eletto del male scenda fino all'ultimo scalino la spirale del peccato, era ancora una volta, in vigore. L'anima di Gilles doveva riempirsi di pus, perché in quel rosso tabernacolo decorato di ascessi potasse abitare compiaciuto l'Infimo!
Le litanie della foia si innalzarono nel vento salato dei macelli. la prima vittima di illes fu un bambinello il cui nome si ignora. Lo sgozzó, gli taglió le mani, gli estrasse il cuore, gli strappó gli occhi e li portó nella stanza di Prelati. Entrambi gli offrirono a con suppliche appassionate al diavolo che tacque. Gilles esasperato fuggí e Prelati avvolse i poveri resti in un lenzuolo e tremando fu, nella notte a seppellirli in terra consacrata accanto a una cappella dedicata a San Vincenzo.
Il sangue di quel fanciullo che Gilles aveva conservato per scrivere le su formule di evocazione e i suoi grimori, fu seme orribile e presto Gilles poté mietere e immagazinare la piú esorbitante messe di crimini che si conosca.
Dal 1432 al 1440, cioé negli otto anni che vanno dal ritiro del Maresciallo alla sua morte, gli abitanti dellAnjou, del Poitou, della Bretagna, errano singhiozzand sulle strade. Tutti i bambini scompaiono; i pastorelli sono rapiti nei campi, le bambine all'usicta da scuola, i ragazzetti che vanno a giocare a palla nelle stradine o si rincorrono all'orlo dei boschi, non tornano piú.
Nel corso di un'inchiesta ordinata dal Duca di Bretagna, gli scribi di Jean Touscheronde, commissario del Duca, redigono liste interminabili di bambini scomparsi.
Perduto, a ochebernart, il figlio di Donna Péronne “che andava a scuola e imparava molto bene” dice la madre.
Perduto a Sain-étienne de Monluc, il figlio di Guillaume Brice “poveretto che chiedeva l'elemosina”.
Perduto a Machecol, il figlio di Georget le Barbier “che fu visto, un certo giorno cogliere pere dietro il Palazzo Rondeau e che poi non fu piú visto”.
Perduto a Thonaye, il figlio di Mathelin Thouars “che si lamenta e piange e il figlio aveva dodici anni”.
A Machecoul ancora, il giorno di Pentecoste, i coniugi Sergent lasciano a casa il loro figliuolo di otto anni e al ritorno dai campi “non ritrovano piú il bambino di otto anni e molto se en meravigliano e soffrono”.
Huysmans
Là-bas
Trad e montaggio genseki
... Una fede assurda, senza ombra di incertezza, una fede da carbonai stupidi, si unuce all'incredulitá assurda, all'incredulitá senz'ombra di incertezza, all'incredulitá degli intellettuali afflitti da stupiditá affettiva ...
L'incertezza, il dubbio, la voce della ragione, era l'abisso, il “gouffre” terribile davanti al quale tremava Pascal. E fu questo a condurlo a formulare la sua terribile sentenza: “il faut s'abêtir” bisogna instupidire.
Per disperazione, si afferma, per disperazione si nega, e per essa ci si astiene dall'affermare e al negare...
Unamuno
Il Sentimento Tragico della Vita
trad genseki
Unamuno
Il Sentimento Tragico della vita
Trad. genseki
genseki