Le viscere del tramonto, altri frammenti
formano questo romanzo giovanile
Dove una parte importante è lasciata agli agrumi
Al loro sostituire l'acqua per uno sguardo assettato.
Il mio allora era uno sguardo diverso
Dal tuo e anche dal mio come ferito dalle schegge del tramonto
Condividevamo la compassione per i picoli cadaveri dei limoni
Stelle mancate tra l'erba che gli accoglieva
Come fosse notte, secchi e raggrinziti come facce di neonati
E ci rimanevano solo le spine
Spine di limone come ghirlande coagulate
A ferire i tuoi occhi, appunto, e i miei spenti,
come fossero schegge di tramonto.
*
Avevo dimenticato allora cosa fosse piangere
All'accartocciarsi inopinato e improvviso
Di una foglia di limone
Una foglia, non una fiamma
Come un lampo, un tempo verde,
Si rivelava in un istante volto
D'infante morente.
*
Poi furono le stelle stremate a declinare
Come grandine sulle arterie dei tramonti.
*
21/09/08
22:50:42
lunedì, settembre 22, 2008
giovedì, settembre 18, 2008
Nel ventre del verbo
Nel ventre del verbo fummo
tessuti di fiato da morula a feto
fissati in volute di sensi a cascata
di suoni salivali saziato ogni intersitizio
il verbo gonfiava le gote di vento
e sputava - il verbo - tutti questi pulcini
Noi, gli altri io incatenati per il collo
Da una parola che gocciolova senso
Sulle corde vocali dell'intento.
tessuti di fiato da morula a feto
fissati in volute di sensi a cascata
di suoni salivali saziato ogni intersitizio
il verbo gonfiava le gote di vento
e sputava - il verbo - tutti questi pulcini
Noi, gli altri io incatenati per il collo
Da una parola che gocciolova senso
Sulle corde vocali dell'intento.
mercoledì, settembre 17, 2008
Benché stringesse le nocche
Benché strngesse le nocche
Fini a farsi bianche e gli infissi
costretti nelle feritoie
si lamentassero striduli
le ginocchia non si rifiutarono di sorreggerlo
nel passo dopo passo del dolore
disperso come un aroma tra costola e costola.
Ma non erano nuvole?
Avvolte variopinte alle pupille
Seccavano le lacrime insipide
Al tatto ovattate.
L'aroma della mente si fece insidia
pizzicando le squame dell'ossigeno
Prima che potesse vedere attraverso
Il suo sguardo.
*
Finalmente pensó invertebrato
Poi lisca luminosa
Lingua succhiata dal salino
Sciroppo bava bevve
E fu pesce
Nell'astrazione dell'azimut.
*
A ogni spina trafisse una foglia
Secernere chitina fu l'oggetto
Dei buoni propositi serali
Mentre goccia dopo goccia
La clorofilla residua si convertiva
In collagene, in verbena
In cartilagine.
*
Fini a farsi bianche e gli infissi
costretti nelle feritoie
si lamentassero striduli
le ginocchia non si rifiutarono di sorreggerlo
nel passo dopo passo del dolore
disperso come un aroma tra costola e costola.
Ma non erano nuvole?
Avvolte variopinte alle pupille
Seccavano le lacrime insipide
Al tatto ovattate.
L'aroma della mente si fece insidia
pizzicando le squame dell'ossigeno
Prima che potesse vedere attraverso
Il suo sguardo.
*
Finalmente pensó invertebrato
Poi lisca luminosa
Lingua succhiata dal salino
Sciroppo bava bevve
E fu pesce
Nell'astrazione dell'azimut.
*
A ogni spina trafisse una foglia
Secernere chitina fu l'oggetto
Dei buoni propositi serali
Mentre goccia dopo goccia
La clorofilla residua si convertiva
In collagene, in verbena
In cartilagine.
*
lunedì, settembre 15, 2008
Poesie di Maresa
Delle meraviglie dei mondi
il picco più alto, sulla cima innevata,
dove urla il fragore senza suono, lì,
sul ponte che unisce gli emisferi,
sale la dolcezza dell'incontro,
diavoli e diavoli rosso porpora
in un crescendo di manichee lo sguardo
che li inquadra fuori dal sogno,
finalmente viventi.
*
eccomi nella terra,
dorme la
tartaruga dal guscio giallo,
di case la città è piena,
verdi, gialle, rosa,
come un pensiero in embrione.
*
Dorme tranquillo il canto,
aspetto che si risvegli,
barcollo come un giovane barbagianni
venuto alla luce.
il picco più alto, sulla cima innevata,
dove urla il fragore senza suono, lì,
sul ponte che unisce gli emisferi,
sale la dolcezza dell'incontro,
diavoli e diavoli rosso porpora
in un crescendo di manichee lo sguardo
che li inquadra fuori dal sogno,
finalmente viventi.
*
eccomi nella terra,
dorme la
tartaruga dal guscio giallo,
di case la città è piena,
verdi, gialle, rosa,
come un pensiero in embrione.
*
Dorme tranquillo il canto,
aspetto che si risvegli,
barcollo come un giovane barbagianni
venuto alla luce.
martedì, settembre 09, 2008
Eiheikoroku di Dogen Zenji II
Il rumore dell'onda
Che si frange suli scogli
Il fragore dei marosi
Dell'Oceano Infinito
È la fede, è il volto di Kannon
Che appare.
Solo guardare
I monti celesti
Dalla finestra degli occhi
a cura di genseki
Che si frange suli scogli
Il fragore dei marosi
Dell'Oceano Infinito
È la fede, è il volto di Kannon
Che appare.
Solo guardare
I monti celesti
Dalla finestra degli occhi
a cura di genseki
Eiheikoroku di Dogen Zenji I
La nostra bella amicizia si manifesta
Nel Santo Volto
È il Santo Volto a creare la nostra Dignitá.
Allora è così che mi rivelgeró al mio ospite:
"Se desideri comprendere Kannon,
Sappi che non dimora
Sulle montagne di Hozara.
a cura di genseki
Nel Santo Volto
È il Santo Volto a creare la nostra Dignitá.
Allora è così che mi rivelgeró al mio ospite:
"Se desideri comprendere Kannon,
Sappi che non dimora
Sulle montagne di Hozara.
a cura di genseki
lunedì, settembre 08, 2008
domenica, settembre 07, 2008
Giacomo e Teresa
La casa è ancora vuota
È rimasta vuota e bianca nel vuoto dei miei ricordi
In una grande cassa c'era la legna
In uno scrigno prezioso gioielli per il gusto
dei bambini o dei pettirossi
Lui indossava sempre una tuta blu
O forse una giacca grigia
Ricordo adesso che ciondolava la testa
e aveva un dolce sorriso da idiota
Lei indossava qualche vestito di cotone stampato
E scialletti grigi
come pellicce di topolini del Reno
doveva essere davvero brutta
Forse quasi nana
Ma portava sul naso magici occhiali azzuri
Che illuminavano il vuoto
Con un mare di fronde
appena mosse dal vento
Dietro le lenti anche gli occhi erano grigi
Parlavano
- Non ricordo nemmeno di averli uditi parlare -
Con parole lumache
Le loro sillaba lasciavano scie d'argento viscoso
Nell'atmosfera umida d'autuno
Della loro cucina.
Non so bene chi fossero
Tornai da Milano per salutarli.
Parlai loro di Auerbach e della filologia romanza
Mi congedai
Avvolto dal loro silenzio
Continuando a non sapere bene chi fossero
Morirono dopo una duplice dolorosa agonia
La loro sofferenza
È incomprensibile e imperdonabile
Come quella degli animali.
È rimasta vuota e bianca nel vuoto dei miei ricordi
In una grande cassa c'era la legna
In uno scrigno prezioso gioielli per il gusto
dei bambini o dei pettirossi
Lui indossava sempre una tuta blu
O forse una giacca grigia
Ricordo adesso che ciondolava la testa
e aveva un dolce sorriso da idiota
Lei indossava qualche vestito di cotone stampato
E scialletti grigi
come pellicce di topolini del Reno
doveva essere davvero brutta
Forse quasi nana
Ma portava sul naso magici occhiali azzuri
Che illuminavano il vuoto
Con un mare di fronde
appena mosse dal vento
Dietro le lenti anche gli occhi erano grigi
Parlavano
- Non ricordo nemmeno di averli uditi parlare -
Con parole lumache
Le loro sillaba lasciavano scie d'argento viscoso
Nell'atmosfera umida d'autuno
Della loro cucina.
Non so bene chi fossero
Tornai da Milano per salutarli.
Parlai loro di Auerbach e della filologia romanza
Mi congedai
Avvolto dal loro silenzio
Continuando a non sapere bene chi fossero
Morirono dopo una duplice dolorosa agonia
La loro sofferenza
È incomprensibile e imperdonabile
Come quella degli animali.
venerdì, settembre 05, 2008
Felissa
L'ultimo dei nostri autunni
L'ultimo dei nostri autunni
Fu ancora capace di agganciarci
Con fili sottili di perle
Filigrane di carpe
Davanti alle vetrine di legno
Delle botteghe dei ricordi
La tua mano era quella riflessa
Tra la colomba imbalsamata
E la torta di ricotta
La tua bocca, quella che non baciai
Nella luce azzurra della lampada
Che friggeva le mosche.
*
Felissa
Felissa era un angelo amaro
Custode della chiave dei pini
Custode della chiave delle conifere
E del mal di gola
Felissa e il suo scialletto nero
Gli occhi duri
Gli occhiali gialli
Felissa come le felci
Con iride a pastiglia valda
E fiato di eucalipto
Ricordo che mi parlave di San Biagio
Mentre con gli occhi cercavo le muscarie
Che sole mi avrebbero salvato
Dalla durezza dei suoi occhi giall
*
L'ultimo dei nostri autunni
Fu ancora capace di agganciarci
Con fili sottili di perle
Filigrane di carpe
Davanti alle vetrine di legno
Delle botteghe dei ricordi
La tua mano era quella riflessa
Tra la colomba imbalsamata
E la torta di ricotta
La tua bocca, quella che non baciai
Nella luce azzurra della lampada
Che friggeva le mosche.
*
Felissa
Felissa era un angelo amaro
Custode della chiave dei pini
Custode della chiave delle conifere
E del mal di gola
Felissa e il suo scialletto nero
Gli occhi duri
Gli occhiali gialli
Felissa come le felci
Con iride a pastiglia valda
E fiato di eucalipto
Ricordo che mi parlave di San Biagio
Mentre con gli occhi cercavo le muscarie
Che sole mi avrebbero salvato
Dalla durezza dei suoi occhi giall
*
lunedì, luglio 28, 2008
Henri Corbin
L'Islam e le eresie cristiane
Il fenomeno del Libro santo ha suscitato strutture corrispondenti nel cristianesimo e nell'Islam; ma, nella misura in cui differisce il modo di accostarsi al senso vero, situazioni e difficoltá differiscono da una parte e dall'altra.
Assenza nell'Islam del fenomeno Chiesa. Nell'Islam, cosí come non esiste un clero detentore dei “mezzi della grazia”, non esiste un magistero dogmatico, né un'autoritá pontificia, né un Concilio che definisce i dogmi. Nel Cristianesimo, a partire dal II secolo, con la repressione del movimento montanista, il magistero dogmatico della Chiesa si è sostituito all'ispirazione profetica e piú generalmente alla libertá di un'ermeneutica spiituale. D'altra parte il nascere e l'evolversi della coscienza cristiana annunciano essenzialmente il risveglio e lo sviluppo della coscienza storica. Il pensiero cristiano è centrato sul fatto avvenuto nell'anno I dell'era cristiana; l?incarnazione divina segna l'ingresso di Dio nella storia. Di conseguenza, il tema su cui la coscienza religiosa si concentrerá con crescente attenzione sará quello del senso storico identificato col senso letterale, col senso vero delle Scritture.
¨
L'allegoria è inoffensiva, il senso spirituale puó essere rivoluzionario
La coscienza religiosa dell'Islam è centrata non su un fatto della storia, ma della metastoria (che significa non post-storico ma trans-storico). Questo fatto primordiale, anteriore al tempo della nostra storia empirica, è costituito dalla domanda rivolta da Dio agli Spiriti degli esseri umani preesistenti al mondo terrestre “non sono forse il vostro Signore?” (Cor. 7/171) l'acclamazione di gioria che risponde a questa domanda suggella un patto eterno di fedeltá de è la fedeltá a questo patto che i profeti sono venuti, di periodo in periodo, a ricordare agli uomini; la loro successione forma il “ciclo della profezia”. Da ció che hanno enunciato i profeti risulta la lettera della religione positiva
¨¨
I pensatori islamici non vedono il mondo in evoluzione in un senso rettilineo orizzontale, a in ascensione: il passato non è dietro di noi, ma sotto i nostri piedi.
Ali Ibn Abu Talib:
Non esiste alcun versetto coranico che non abbia quattro sensi: l'essoterico (zahir), l'esoterico (batin), il limite (hadd), il disegno divino (mottala). L'essoterico è per la recitazione orale; l'esoterico per la comprensione interiore; il limite sono gli enunciati che stabiliscono il lecito e l'illecito; il disegno divino è ciò che Dio si propone di realizzare nell'uomo con ogni versetto”.
Hadith: “Il Corano ha un'apparenza esteriore e una profonditá nascosta, un senso esoterico e un senso essoterico; il senso esoterico nasconde a sua volta un senso esoterico (questa profonsitá ha una profonditá, a immagine delle Sfere celesti racchiuse le une nelle altre; cosí di seguito fino a sette sensi esoterici.
Il piú antico commento spirituale del Corano è dunque costituito dagli insegnamenti impartiti dagli Imam sciiti durante i loro colloqui con i discepoli. E sono i principi della loro ermeneutica che i sufi hanno raccolto.
I passi che seguono sono tratti dall'opera di Henri Corbin sulla Filosofia Islamica. Si tratta di un tentativo di definire le differenze principali tra Islam e Cristianesimo sul piano teologico e su quello filosofico.
Nel quadro metodologico tracciato da Lucian Blaga nella sua opera "L'eone dogmatico" l'Islam sembrerebbe rappresentare la rivincitá del filone mitico-razionalista su quello "dogmatizzante".
La differenza tra Islam e Cristianesimo sarebbe quella tra una visione della religione compatibile con la ragione e una trascinata nel vortice del dogmatismo con le sue aporie e le sue abbaglianti contraddizioni.
L'Islam appare in questo quadro come l'erede diretto dell'adozionsmo e dell'arianesimo. Sembra sorgere dalla fermetazione dei resti compressi e schiacciati delle grandi eresie di massa dei secoli dei Padri.
Il fenomeno del Libro santo ha suscitato strutture corrispondenti nel cristianesimo e nell'Islam; ma, nella misura in cui differisce il modo di accostarsi al senso vero, situazioni e difficoltá differiscono da una parte e dall'altra.
Assenza nell'Islam del fenomeno Chiesa. Nell'Islam, cosí come non esiste un clero detentore dei “mezzi della grazia”, non esiste un magistero dogmatico, né un'autoritá pontificia, né un Concilio che definisce i dogmi. Nel Cristianesimo, a partire dal II secolo, con la repressione del movimento montanista, il magistero dogmatico della Chiesa si è sostituito all'ispirazione profetica e piú generalmente alla libertá di un'ermeneutica spiituale. D'altra parte il nascere e l'evolversi della coscienza cristiana annunciano essenzialmente il risveglio e lo sviluppo della coscienza storica. Il pensiero cristiano è centrato sul fatto avvenuto nell'anno I dell'era cristiana; l?incarnazione divina segna l'ingresso di Dio nella storia. Di conseguenza, il tema su cui la coscienza religiosa si concentrerá con crescente attenzione sará quello del senso storico identificato col senso letterale, col senso vero delle Scritture.
¨
L'allegoria è inoffensiva, il senso spirituale puó essere rivoluzionario
La coscienza religiosa dell'Islam è centrata non su un fatto della storia, ma della metastoria (che significa non post-storico ma trans-storico). Questo fatto primordiale, anteriore al tempo della nostra storia empirica, è costituito dalla domanda rivolta da Dio agli Spiriti degli esseri umani preesistenti al mondo terrestre “non sono forse il vostro Signore?” (Cor. 7/171) l'acclamazione di gioria che risponde a questa domanda suggella un patto eterno di fedeltá de è la fedeltá a questo patto che i profeti sono venuti, di periodo in periodo, a ricordare agli uomini; la loro successione forma il “ciclo della profezia”. Da ció che hanno enunciato i profeti risulta la lettera della religione positiva
¨¨
I pensatori islamici non vedono il mondo in evoluzione in un senso rettilineo orizzontale, a in ascensione: il passato non è dietro di noi, ma sotto i nostri piedi.
Ali Ibn Abu Talib:
Non esiste alcun versetto coranico che non abbia quattro sensi: l'essoterico (zahir), l'esoterico (batin), il limite (hadd), il disegno divino (mottala). L'essoterico è per la recitazione orale; l'esoterico per la comprensione interiore; il limite sono gli enunciati che stabiliscono il lecito e l'illecito; il disegno divino è ciò che Dio si propone di realizzare nell'uomo con ogni versetto”.
Hadith: “Il Corano ha un'apparenza esteriore e una profonditá nascosta, un senso esoterico e un senso essoterico; il senso esoterico nasconde a sua volta un senso esoterico (questa profonsitá ha una profonditá, a immagine delle Sfere celesti racchiuse le une nelle altre; cosí di seguito fino a sette sensi esoterici.
Il piú antico commento spirituale del Corano è dunque costituito dagli insegnamenti impartiti dagli Imam sciiti durante i loro colloqui con i discepoli. E sono i principi della loro ermeneutica che i sufi hanno raccolto.
A cura di genseki
Lucian Blaga
L'eone dogmatico III
L'apparizione del dogmatismo con Filone non restó un fatto isolato. Nei secoli animati da vane aspirazioni di egemonia universale che seguirono, le idee dogmatiche sorsero con insperata abbondanza.
(...) Il cristianesimo che stava creando la sua dottrina, si lasció fecondare dall'ellenismo come era naturale. Nella sua iniziale purezza non avrebbe mai potuto aspirare all'universalitá che finí per conquistare piú tardi. Le idee cristiane assimilarono tutto quello che vinsero. Vinsero concedendo. Il processo di fusione tra l'insegnamento evangelico, la concezione crisologica di Paolo e le idee del mondo pagano dura qualche secolo. Nella formazione delle diverse concezioni teologico cristologiche si distinguono generalmente due tendenze, una mitica e raziocinante e un'altra dogmatica. Cioè una tendenza che organizza il materiale cristologico-teologico in accordo con l'intelligenza umana, e un'altra che lo fa in disaccordo con l'intelligenza postulando una trascndenza delle funzioni logiche. Evidentemente la seconda tendenza non derivava da un principio cosciente di domatizzazione. Tuttavia è altrettanto sicuro che questa tendenza speciale, e finalizzata, è stata seguita con impressionante consequenzialitá nel processo storico di cristalizzazione della dottrina cristiana dalla Chiesa, ogni volta che sorgevano nuove idee che esigevano una decisione.
Gli storici laici inclinano generalmente a pensare che la storia delle idee cristiane è espressione di una lotta naturale tra idee diverse, con il trionfo finale di alcune di esse contro alcune altre per mezzo della forza delle correnti che erano rappresentate da questi conflitti. Secondo questa poinione avrebbe potuto risultare vincente ora un'idea mitico-razionalizzante, ora una dogmatica. Costoro non vedono, nell'evoluzione della dottrina cristiana, nientaltro che il gioco di forze del momento, e no una forza determinante la forma di lungo periodo, qual è la tendenza dogmatizzante. Gli storici cristiani ufficiali, al contrario, si sforzano di dimostrare che le idee definitive della Chiesa vinsero, perché secondo il piano divino seguito dal divenire del cristianesimo, queste idee, date implicitamente nell'insegnamento evangelico, dovevano vincere.
(...)
C'è un fattore determinante di rivelazione, non divino, ma del tutto naturale nella storia dei dogmi, che è costantemente ignorato nonostante si manifesti con evidenza. Si tratta di una tendenza, che potrtemmo chiamare, in mancanza di un termine migliore, “nisus dogmaticus”.
Questo “nisus” ... ebbe un ruolo non solo formativo, ma anche uno di incosciente principio di selezione tra le idee che sorgevano sul terreno del pensiero teologico-filosofico. L'evoluzione delle idee teologiche cristiane non è tanto casuale come vorrebbero alcuni, ma nemmeno tanto poco evolutiva come pretenderebbero altri, specialmente i teologi che gli attribuiscono un tipo di preesistenza in quanto veritá date anche se inaccessibili. Il divenire delle idee teologiche è piú lineare i quello che desiderebbero gli storici laici e piú libera di come la vorrebbero i teologi.
(...)
Analizzando i dibattiti e le dispute intorno alle idee cristaine, si evidenzia il fatto che, almeno nelle sue tappe principali, un fatto curioso: finirono sempre per imporsi quelle idee, che, dal punto di vista dell'intelligenza umana sono le piú inesplicabili. Una comparazione tra le grandi eresie e i dogmi ufficiali che si fornularono contro di esse o indipendentemente da esse dimostra che le eresie sono piú prossime, maggioritariamente a un accordo con l'intelletto, e che contro di esse trionfó sempre l'impossibile e il bizzarro. La storia del pensiero cristiano non consiste solo nella lotta tra idee differenti, di cui alcune vinsero come avrebbero potuto vincere altre se avessero goduto di una piú forte e piú cntinua propaganda. No. Perché si imposero sempre in modo schiacciante e senza eccezzioni, quelle più dogmatiche nella loro struttura interna.
All'epoca del Padri della Chiesa si procede a una selezione tra le idee propostee dai vari creatori di formule, a una scelta che segue un precetto inconscio, ma ostinato. Le loro preferenze si orientano sempre verso il dogmatico “intenso”. Le formule meno dogmatiche o niente affatto dogmatiche, restano in secondo piano o scompaiono.
(...)
La dottrina cristiana, nei suoi primi intenti embrionari di sistemazione, così come veniamo scoprendoal nei pensatori della metá del secondo secolo, ha un aspetto che ricorda solo vagamente i dogmi fissati dai primi sinodi ecumenici (Nicea e Costantinopoli). Questi pensatori, che si videro, per circostanze indipendenti dalla loro volontá, nella situazione, per loro estremamente penosa, di formulare un pensiero, solo per la necessitá di prendere posizioni apologetiche di fronte ai pensatori pagani molto piú esperti nel maneggiare concetti astratti, anche se avevano poca esperienza, fecero tuttavia i primi passi nella direzione della dogmatizzazione della dottrina cristiana. Era una fase in cui si muovevano alla cieca cercando di erigere segnali che potessero servire per orientare. Il modo in cui cercavano di compere questo dovere ce lo mostra in modo impressionente Taziano, Egli considerava il Logos come la prima opera del Padre. Il Logos non godeva quindi di una grande considerazione. In quanto alla relazione tra il Logos e il Padre, Taziano sembra preoccuparsi solo dell'integritá del Padre. Tutte le sue preoccupazioni si concentrano nello sforzo di salvare l'idea del Padre, come esistenza che non è alterata per l'apparizione da lui o attraverso di lui. Taziano è colui che adatta la filosofia di Filone alle necessitá del sistema in divenire del cristianesimo. Non era molto, ma era qualcosa.. I pensatori come Taziano aprivano il corso delle dogmatizzazioni cristiane venture. Di fronte alle dogmatizzazioni iniziali, la tendenza mitico-razionalizzante, sgorgó con piú vigore. Nella fase iniziale della dogmatizzazione della dottrina cristiana ebbe luogo nel quadro del cristianesimo, la riforma monumentale di Marcione. Il coraggioso, originale e ispirato Marcione soteneva l'esistenza di due Dei, quello dell'Antico Testamento (il Testamento della Carne): cioé, il Demiurgo, il creatore del Mondo; e Gesú Cristo (incarnazione del “Dio ignito”), il Dio del Nuovo testamento, delle Spirito che prende il posto del Dio antico privandolo definitivamente della sua sensorialitá. Il cristianesimo di Marcione, essenzialmente evangelico, include tesi dottrinali relativamente prive di difficoltá logiche, limpide e non dogmatiche. L'energica riforma di Marcione si era diffusa in grandi masse di fedeli e minacciava di distruggere per sempre il dogmatismo cristiano ai suoi esordi. Eppure, il marcionismo fu sconfitto dalla corrente dogmatizzante, molto piú timida e dai risultati piú modesti. Questo trionfo della dogmatizzazione sul non dogmatico è la miglior prova del fatto che la dogmatizzazione rispondeva ad alcune profonde necessitá spirituali dell'epoca. Il primo scontro tra il dogmatico, per di piú imperfetto, e la corrente mtico-razionalizzante terminava con la vittoria del primo. Qualche cosa di analogp capiterá poi con l'insegamento di Ario, quando il dogmatismo entró in guerra per la seconda volta contro il logco. Tuttavia prima dell'eresia di Ario dobbiamo soffermarci su di un'altra tappa della dottrina cristiana.
È interessante vedere come a volte, tradu concezioni piú o meno mitico-razionalizzanti, si impone quella che apre un maggior numero di prospettive dogmatiche senza essere dogmatica in sé. Un esempio in questo senso lo offre il principio stesso della cristologia. Due insegnamenti si diputavano l'egemonia: quello “pneumatico” e quello adozionista. Per i pneumatici Cristo era un essere dalla natura divina “incarnata”. Per gli adozionisti era un profeta elevato per grazia di Dio alla dignitá divina. L'adozionismo sosteneva una tesi molto semplice, di carattere definitivo, e non permetteva nessun ulteriore sviluppo, non poteva evolvere, era come un cristallo dagli spigoli taglienti. Diverso è il caso del pneumatismo. La sua tesi era logica, ma la sua natura embrionaria poteva anche svilupparsi in senso illogico. La dottrina pneumatica, anche se non poteva rappresentare senza correzioni importanti, il punto di vista ultimo della chiesa, poté frenare l'adozionismo. Quest'ultimo era certamente piú accettabile per la logica umana, ma nella stessa situazione si trovava anche, piú o meno, il pensiero pneumatico, piú ricco di gran lunga in prospettive dogmatizzanti, comedimostró proprio l'evoluzione posteriore della dottrina cristologica ufficiale. La tesi sull'incarnazione in una persona di un essere di natura divina, anche se logica in sé, costituiva un ammirevole sostrato per tutta la flora dogmatica di corolle antinomiche del futuro; cosa che non si puó dire delle tesi adozioniste che avrebbero proibito qualunque ulteriore possibilitá futura di dogmatizzazione. Se si fosse accettato l'adozionismo non si sarebbe mai giunto ai dogmi di indole antinomica, costruiti con tanta passione dalla chiesa cristiana.
L'apparizione del dogmatismo con Filone non restó un fatto isolato. Nei secoli animati da vane aspirazioni di egemonia universale che seguirono, le idee dogmatiche sorsero con insperata abbondanza.
(...) Il cristianesimo che stava creando la sua dottrina, si lasció fecondare dall'ellenismo come era naturale. Nella sua iniziale purezza non avrebbe mai potuto aspirare all'universalitá che finí per conquistare piú tardi. Le idee cristiane assimilarono tutto quello che vinsero. Vinsero concedendo. Il processo di fusione tra l'insegnamento evangelico, la concezione crisologica di Paolo e le idee del mondo pagano dura qualche secolo. Nella formazione delle diverse concezioni teologico cristologiche si distinguono generalmente due tendenze, una mitica e raziocinante e un'altra dogmatica. Cioè una tendenza che organizza il materiale cristologico-teologico in accordo con l'intelligenza umana, e un'altra che lo fa in disaccordo con l'intelligenza postulando una trascndenza delle funzioni logiche. Evidentemente la seconda tendenza non derivava da un principio cosciente di domatizzazione. Tuttavia è altrettanto sicuro che questa tendenza speciale, e finalizzata, è stata seguita con impressionante consequenzialitá nel processo storico di cristalizzazione della dottrina cristiana dalla Chiesa, ogni volta che sorgevano nuove idee che esigevano una decisione.
Gli storici laici inclinano generalmente a pensare che la storia delle idee cristiane è espressione di una lotta naturale tra idee diverse, con il trionfo finale di alcune di esse contro alcune altre per mezzo della forza delle correnti che erano rappresentate da questi conflitti. Secondo questa poinione avrebbe potuto risultare vincente ora un'idea mitico-razionalizzante, ora una dogmatica. Costoro non vedono, nell'evoluzione della dottrina cristiana, nientaltro che il gioco di forze del momento, e no una forza determinante la forma di lungo periodo, qual è la tendenza dogmatizzante. Gli storici cristiani ufficiali, al contrario, si sforzano di dimostrare che le idee definitive della Chiesa vinsero, perché secondo il piano divino seguito dal divenire del cristianesimo, queste idee, date implicitamente nell'insegnamento evangelico, dovevano vincere.
(...)
C'è un fattore determinante di rivelazione, non divino, ma del tutto naturale nella storia dei dogmi, che è costantemente ignorato nonostante si manifesti con evidenza. Si tratta di una tendenza, che potrtemmo chiamare, in mancanza di un termine migliore, “nisus dogmaticus”.
Questo “nisus” ... ebbe un ruolo non solo formativo, ma anche uno di incosciente principio di selezione tra le idee che sorgevano sul terreno del pensiero teologico-filosofico. L'evoluzione delle idee teologiche cristiane non è tanto casuale come vorrebbero alcuni, ma nemmeno tanto poco evolutiva come pretenderebbero altri, specialmente i teologi che gli attribuiscono un tipo di preesistenza in quanto veritá date anche se inaccessibili. Il divenire delle idee teologiche è piú lineare i quello che desiderebbero gli storici laici e piú libera di come la vorrebbero i teologi.
(...)
Analizzando i dibattiti e le dispute intorno alle idee cristaine, si evidenzia il fatto che, almeno nelle sue tappe principali, un fatto curioso: finirono sempre per imporsi quelle idee, che, dal punto di vista dell'intelligenza umana sono le piú inesplicabili. Una comparazione tra le grandi eresie e i dogmi ufficiali che si fornularono contro di esse o indipendentemente da esse dimostra che le eresie sono piú prossime, maggioritariamente a un accordo con l'intelletto, e che contro di esse trionfó sempre l'impossibile e il bizzarro. La storia del pensiero cristiano non consiste solo nella lotta tra idee differenti, di cui alcune vinsero come avrebbero potuto vincere altre se avessero goduto di una piú forte e piú cntinua propaganda. No. Perché si imposero sempre in modo schiacciante e senza eccezzioni, quelle più dogmatiche nella loro struttura interna.
All'epoca del Padri della Chiesa si procede a una selezione tra le idee propostee dai vari creatori di formule, a una scelta che segue un precetto inconscio, ma ostinato. Le loro preferenze si orientano sempre verso il dogmatico “intenso”. Le formule meno dogmatiche o niente affatto dogmatiche, restano in secondo piano o scompaiono.
(...)
La dottrina cristiana, nei suoi primi intenti embrionari di sistemazione, così come veniamo scoprendoal nei pensatori della metá del secondo secolo, ha un aspetto che ricorda solo vagamente i dogmi fissati dai primi sinodi ecumenici (Nicea e Costantinopoli). Questi pensatori, che si videro, per circostanze indipendenti dalla loro volontá, nella situazione, per loro estremamente penosa, di formulare un pensiero, solo per la necessitá di prendere posizioni apologetiche di fronte ai pensatori pagani molto piú esperti nel maneggiare concetti astratti, anche se avevano poca esperienza, fecero tuttavia i primi passi nella direzione della dogmatizzazione della dottrina cristiana. Era una fase in cui si muovevano alla cieca cercando di erigere segnali che potessero servire per orientare. Il modo in cui cercavano di compere questo dovere ce lo mostra in modo impressionente Taziano, Egli considerava il Logos come la prima opera del Padre. Il Logos non godeva quindi di una grande considerazione. In quanto alla relazione tra il Logos e il Padre, Taziano sembra preoccuparsi solo dell'integritá del Padre. Tutte le sue preoccupazioni si concentrano nello sforzo di salvare l'idea del Padre, come esistenza che non è alterata per l'apparizione da lui o attraverso di lui. Taziano è colui che adatta la filosofia di Filone alle necessitá del sistema in divenire del cristianesimo. Non era molto, ma era qualcosa.. I pensatori come Taziano aprivano il corso delle dogmatizzazioni cristiane venture. Di fronte alle dogmatizzazioni iniziali, la tendenza mitico-razionalizzante, sgorgó con piú vigore. Nella fase iniziale della dogmatizzazione della dottrina cristiana ebbe luogo nel quadro del cristianesimo, la riforma monumentale di Marcione. Il coraggioso, originale e ispirato Marcione soteneva l'esistenza di due Dei, quello dell'Antico Testamento (il Testamento della Carne): cioé, il Demiurgo, il creatore del Mondo; e Gesú Cristo (incarnazione del “Dio ignito”), il Dio del Nuovo testamento, delle Spirito che prende il posto del Dio antico privandolo definitivamente della sua sensorialitá. Il cristianesimo di Marcione, essenzialmente evangelico, include tesi dottrinali relativamente prive di difficoltá logiche, limpide e non dogmatiche. L'energica riforma di Marcione si era diffusa in grandi masse di fedeli e minacciava di distruggere per sempre il dogmatismo cristiano ai suoi esordi. Eppure, il marcionismo fu sconfitto dalla corrente dogmatizzante, molto piú timida e dai risultati piú modesti. Questo trionfo della dogmatizzazione sul non dogmatico è la miglior prova del fatto che la dogmatizzazione rispondeva ad alcune profonde necessitá spirituali dell'epoca. Il primo scontro tra il dogmatico, per di piú imperfetto, e la corrente mtico-razionalizzante terminava con la vittoria del primo. Qualche cosa di analogp capiterá poi con l'insegamento di Ario, quando il dogmatismo entró in guerra per la seconda volta contro il logco. Tuttavia prima dell'eresia di Ario dobbiamo soffermarci su di un'altra tappa della dottrina cristiana.
È interessante vedere come a volte, tradu concezioni piú o meno mitico-razionalizzanti, si impone quella che apre un maggior numero di prospettive dogmatiche senza essere dogmatica in sé. Un esempio in questo senso lo offre il principio stesso della cristologia. Due insegnamenti si diputavano l'egemonia: quello “pneumatico” e quello adozionista. Per i pneumatici Cristo era un essere dalla natura divina “incarnata”. Per gli adozionisti era un profeta elevato per grazia di Dio alla dignitá divina. L'adozionismo sosteneva una tesi molto semplice, di carattere definitivo, e non permetteva nessun ulteriore sviluppo, non poteva evolvere, era come un cristallo dagli spigoli taglienti. Diverso è il caso del pneumatismo. La sua tesi era logica, ma la sua natura embrionaria poteva anche svilupparsi in senso illogico. La dottrina pneumatica, anche se non poteva rappresentare senza correzioni importanti, il punto di vista ultimo della chiesa, poté frenare l'adozionismo. Quest'ultimo era certamente piú accettabile per la logica umana, ma nella stessa situazione si trovava anche, piú o meno, il pensiero pneumatico, piú ricco di gran lunga in prospettive dogmatizzanti, comedimostró proprio l'evoluzione posteriore della dottrina cristologica ufficiale. La tesi sull'incarnazione in una persona di un essere di natura divina, anche se logica in sé, costituiva un ammirevole sostrato per tutta la flora dogmatica di corolle antinomiche del futuro; cosa che non si puó dire delle tesi adozioniste che avrebbero proibito qualunque ulteriore possibilitá futura di dogmatizzazione. Se si fosse accettato l'adozionismo non si sarebbe mai giunto ai dogmi di indole antinomica, costruiti con tanta passione dalla chiesa cristiana.
Trad. genseki
giovedì, luglio 17, 2008
Lucian Blaga
L'eone dogmatico II
Compariamo l'idea di sostanza prima dei filosofi greci e l'aspetto che le diede Filone. Dicevamo che Eraclito ammetteva una sostanza primaria, della quale una parte si trasforma nel mondo. Questa tesi se non la confrontiamo con l'esperienza scientifica e la consideriamo solo come un enunciato che non esige altro contorllo che quello della sua logica interna, risulta chiara e intellegibile. Gli stoici sostenevano che la sostanza primaria nella sua totalitá si converte in mondo. De è una tesi tanto chiara e intellegibile come l'altra. Non ci sono contraddizini interne nel corpo logico di questi enunciati. Ció che è perduto da un lato è guadagnato dall'altro. La simmetria interna di qeuste tesi è suffciente. Come si spiega l'attitudine di Filone? Perché egli non accettó la formula precisamente bilanciata del pensiero greco?
Formato nella concezione del monoteismo giudaico per il quale l'inalterabilitá della divinitá era una pietra angolare, debe esersi chiesto: “che razza di divinitá è mai quella che sparisce parzialmente o completamente degradandosi? Nel seno della divinitá, come egli la concepisce secondo la tradizione ebraica, non si poteva ammettere scomparsa o degradazione. Dio che si riveló ai profeti per il suo solo attributo esistenziale deve essere conservato in tutta la sua pienezza. Nel caso della divinità non restava nessuna possibilitá per parlare di diminuzione, esaurimento o frammentazione. Tuttavia Filone si trova obbligato ad ammettere l'emanazione d alcune esistenze secondarie della divinitá (per esempio il Logos). Queste esistenze secondarie possono derivare da alltra cosa che dalla sostanza primaria? Chiaramente no. Due affermazioni antitetiche si impongono quindi a Filone. Da una parte doveva ammettere una divinitá qualitatitavemente quantitativamente inalterabile e dall'altra l'emanazione da essa di esistenze secondarie. La difficoltá che avrebbe sprofondato un altro in uno scetticismo irrimediabile fu per Filone occasione di un'eroica decisione. Egli si decise per la sintesi: ci sono emananzioni della divinitá ma la divinità non è menomata da nessuna di esse. L'intelletto prese posizione cosí, per la prima volta nella storia, per accettare coscientemente una formula che, indipendentemente dalla sua relazione con la realtá, era antinomica in sè, visto che non puó essere pensata interamente nel mondo dell'astrazione logica e neppure in quello concreto.
L'idea dogmatica dell'emanazione, una volta enunciata, divenne un luogo comune dell'epoca. Gli gnostici, in genere, ammettevano un'infinitá di emananzioni della divinitá, senza che questo en significasse la polverizzazione. Un eco della stessa idea si stabilizzó in seguito anche nella dogmatica cristiana: la idea che il Figlio procede dal Padre senza che questi soffra diminuzione o degradazione non è nientaltro che un lontano ricordo della concezione di Filone relativamente all'emanazione. Il contributo di Filone all'introduzione del dogma nella coscienza del suo tempo non si limita a questo. Un'altra idea seminale di alcune importanti elaborazioni dogmatiche posteriori sorge per la prima volta nel suo pensiero. Egli ammette una serie di potenze che emanano dalla divinità; ma sostiene anche che queste potenze non spezzano la sostanza divina nella sua unitá ma restano in essa, in eterna unitá con essa. Si tratta di una nuova formula dogmatica, che contiene un conflitto di termini, irrealizzabile sul piano logico o su quello intuitivo: la separazione tra alcune esistenze derivate e l'esistenza originaria, nella quale, tuttavia, le esistenze derivate seguono relamente unite con quella originaria.
“In che maniera queste potenze formino un'unitá in Dio, questo è il grande mistero”. Filone lo ammette. Questa dichiarazione, cosí esplicita, dimostra in modo sufficiente che la sua affermazione “dogmatica” non era una contraddizione involontaria, bensí una formula, anche se contradditoria, enunciata come tale in modo cosciente. L'atto di Filone non puó essere considerato come sincretismo nel senso peggiorativo del termine, come una di quelle sintesi insensate che sorsero in quell'epoca; esso, al contrario, equivale a un'invenzine spirituale. Un'invenzione spirituale alla quale riconosciamo il merito di essere la prima manifestazione di un nuovo modo di pensare, distinto fondalmentamente distinta dai metodi precedenti. Solo il fatto che il dogmatismo trovo la sua piena e piú ricca cristalizzazione formale e di contenuto nel cristianesimo, e il pregiudizio derivato da qui che il dogma sia una manifestazione esclusivamente cristiana, impedí che Filone fosse considerato il solo pensatore dogmatico.
Si comprenderá, anche dai pochi esempi di pensiero dogmatico che abbiamo menzionato fino ad ora, che in questo saggio non considereremo il dogma nel senso che la teologia cristiana da a questa parola. Per la teologia il dogma è “formula di fede” (accettata dai sinodi ecumenici esclusivamente per pretesa rivelazione), che fa parte della dottrina della Chiesa, che superi o non l'intelletto umano. Per noi il “dogma” è, per il momento, qualunque enunciato intellettuale che in radicale disaccordo con l'intelletto postula la trasecendenza dall logica. Questo indipendentemente dal sistema metafisico in cui lo si incontra. Non condizioniamo il dogma alla sua accettazione senza controllo da parte di una comunitá. Il dogma, in quanto oggetto di questo saggio, cioé dal punto di vista puramente intellettuale, è dogma per la sua struttura interna e non per l'atteggiamento delle persone in relazione ad esso, e nemmeno per le sue relazioni con una qualsiasi collettivitá. Non si definisce per mezzo di qualche cosa di esterno ad esso. Un dogma potrebbe non essere accettato da nessun altro oltre al suo autore, e ciononostante restare un dogma per la sua struttura.. In prima approsimazione delimiteremo il dogma esclusivamente attraverso la natura del suo conflitto con le funzioni abituali dell'intelletto.
mercoledì, luglio 09, 2008
Panaït Istrati
Incontrai Panait Istrati a Mosca. Una atmosfera da accampamento militare regnava quel giorno nella citta imbandierata. Come me era stato invitato dall'Unione Sovietica alle grandi manifestazioni del decimo anniversario della Rivluzione. Non lo avevo mai visto prima, ma conoscevo i suoi racconti, pieni di passoine, di sangue, di grida di angoscia e la sua vita eroica e avventurosa.
Jorge Valsamis, contrabbandiere di Cefalonia, un uomo inquieto, un amante del pericolo, dominato dall'insaziabile piacere della marginalitá che hanno gli abitanti della sua isola, aveva conosciuto a Braila Zoitsa Istrati, una bella e robusta romena, che naturalmente battezzó con il nome di Gerassimos, tipico degli uomini della sua isola natale. Tuttavia piú tardi finirono per chiamarlo Panayotakis o Panait.
Valsamis morí quando Panait era ancora in fasce e sua madre, tenera e lavoratrice si diede da fare come serva e lavandaia per poterlo educare. Sognava di dargli un0istruzione e di sposarlo con qualche brava ragazza perché diventasse un giorno – a Dio piacendo – un buon padre di famiglia romeno.
Nelle vene del bambino peró scorreva il sangue ardente di Cefalonia. Non appena ebbe compiuto dodici anni abbandonó sua madre e cominció la sua vita di vagabondo.
Ebbe fame, si ammaló e dormì in strada. Si nascose a volte nelle stive, altre nei vagoni o sui camion e percorse cosí l'Egitto, la Svizzera e l'Italia. Lo bruciava una sete insaziabile di vivere, di vedere e di gustare tutte le allegrie e tutte le pene che l'uomo puó sperimentare su questa terra.
Nel corso dei suoi vagabondaggi legge letteratura russa,ascolta storie orientali e i racconti della mille e una notte. Lavora lo stretto necessario per non morire di fame come sguattero muratore, e, alla fine sulla costa azzurr, fotografo ambulante a Nizza.
Un giorno di gennaio del 1921, stanco della fame e del dolore, decide di uccidersi. Due anni prima aveva scritto una lettera di venti pagine a Romain Rolland, in cui spiegava la sua necessitá di ascoltare una voce amica e di stringere la mano di un vero uomo.
Incontrare un amico fu sempre il piú ardente desiderio di Istrati. Piú dell'amore, delle ricchezze e della gloria è l'amicizia che ha occupato nella sua vita e nella sua opera il posto piú importante, darsi ad un amico che si desse a lui e intraprendere insieme, inseparabili la grande avventura della vita. Spesso era caduto in questa dolce trappola, gli amici, peró, lo avevano tradito e Istrati si era trovato solo nel deserto umano. Disperato, scrisse, quindi al suo padre spirituale, che stava in piedi, solitario, puro, nel bel mezzo delle passioni che ardevano in Europa. Romain Rolland non rispose. Fu allora che Istrati decise di suicidarsi. Si taglia la gola inun giardino pubblico di Nizza, la folla si stringe attorno a lui. Lo portano all'ospedale, Dopo una lunga lotta con la morte si riprende. Quindici giorni dopo senza aspettare la sua completa guarigione la direzione lo caccia fuori dall'ospedale. Nel suo portafoglio avevano trovato una lettera diretta al quotidiano francese “L'Humanité”, in cui, alcune ore prima del suicidio, salutava la russa e il nuovo mndo che sarebbe nato da essa.. Quando la polizia francese ebbe conoscenza di questa lettera ordinò di espellere dall'ospedale questo pericoloso rivoluzionario.
Panait si trova di nuovo in strada, ma questa volta è felice, perché finalmente ha ricevuto la risposta di Romain Rolland che lo invitava a non scrivere piú lettere ma romanzi.
Incoraggiato, Panait andó a Parigi. Un compatriota ciabattino, Ionescu, lo raccoglie, lo sistema in soffitta e gli procura il cibo e il necessario per scrivere.
Qualche mese piú tardi nasce Kyra Kyralina. Libro pieno di passione, di indifferenza, di amore sfrenato della vita, libro allegro e dolce come un corpo umano.
... Kyra Kyralina sgorgó come il grido di una gola che arde.
Romain Rolland salutó Panait Istrati come “Gorki del Balcani”.
Nikos Katzanzakis
Dal Monte Sinai all'Isola di Venere.
A cura di gnseki
martedì, luglio 08, 2008
Zorba
Quando tutto fallisce è un immenso giubilo mettere alla prova il nostro cuore per saggiarne la resistenza e il coraggio!
Un invisibile, onnipotente nemico - alcuni lo chiamano demonio de altri Dio – sembra gettarsi su di noi con l'intenzione di annientarci. Ma noi non ci lasciamo annientare.
Ogni volta che riusciamo ad essere vincitori nel nostro intimo anche se completamente vinti agli occhi del mondo esterno assaporiamo un indescrivibile, orgoglioso gaudio. Le calamitá si sono trasformate in una felicitá suprema e inalienabile.
Nikos Kazantzakis
Zorba il Greco
A cura di genseki
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