lunedì, gennaio 09, 2017

Piedad Bonnet

Piedad Bonnet


Vincent Van Gogh contempla la notte


Un cavallo di ebano impiccato all sua morte

I suoi occhi di cristallo dietro la finestra
La sua testa tagliata coronata di stelle

E la lingua della paura
Le sua papille rosa la sua rugositá
Chi mastica e mastica dietro le mie orecchie?

Chi scalcia
E mi affonda nel pantano

Delle mie oscuritá
Dove balugina
Come un uccello in fiamme la coscienza?


Doppio

Mi guardo guardare

E il mio dentro è il mio fuori in questo carcere
In cui sempre mi trovo dietro a me
Con il mio fiato sulla mia nuca
Sussurandomi
Canzoncine all'orecchio come una madre un padre
Un monaco che obbliga un corvo a scendere
Con il becco insanguinato
Sulla pozza di luce della pupilla

Dell'altro
Che guarda
Che soffre.


Terrestre

Sognai un uccello impazzito
In una gabbia dello zoo
Mi risvegliai con la fronte piena di sangue
Chiamando mia madre
Chiedendole, in nome di Dio, latte caldo dai suoi seni
Per tornare a essere bambino.
Altri si destarono e gemettero e supplicarono come me
Nelle stanza vicine
Le mie braccia e il mio petto erano coperti di piume
Ma non vi era un cielo dove volare.


La madre è la grande notte


Qui il temo è legato con una camicia di forza
È vento sottomesso
Che scrive lo sstesso nome con un gesso sul muro.
Tutto sta qui dentro, in questo grande ventre
Pieno di uomini senza madre.
La madre è la grande notte. La madre è il nostro grido.
A madre è ogni dose di trifuoperazina
Che riempie di saliva le nostre labbra.
Quando accosto l'orecchio alle pareti
Perché voglio ascoltare il pianto di quelli che ancora mi amano
Solo odo il mio stridore. La mia oscura dissonanza
Il cuore della paura
Cantando la sua monotona litania.


.Fuso al nero

Quando avevo tre anni vidi mia madre illuminta
Ma credevio che bruciasse e piansi.
A sette anni dipinsi un toro dalle grandi corna e mi guardai nei suoi occhi
Soffrendo la sua ferita.
A quindici, con la faccia piena di grani, udii cantare in varie lingue la solitudine,
E le capivo tutte. L mia notte si popoló di incubi.
A diciotto
Sentii dire che stavo male di testa.
Mi afferrai con tutte le mie forze al legno marcio dell'infanzia
Mentre una radice cresceva tra le mie ciglia.
Un giorno le mie sorelle, spaventate, agitarono le loro ali di colombe
E lavarono il mio sangue con le loro lacrime.
Volli dire: vi amo. E gridare: padre, madre,
Ma qualcuno stava giá spegnendo le stelle.


Trad. Genseki

Da: http://www.otroparamo.com/cinco-poemas-ineditos-de-piedad-bonnett/




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