Due grandi rocce chiamate Ambrosie
galleggiano sulle acque, su di esse:
Fiorisce
Il germoglio di un un olivo altrettanto
antico, da nessuno piantato e ad esse unito,
Ombelico della roccia che attraversa le
acque, Tra i suoi rami
Riposa un'aquila
E una coppa finemente cesellata.
L'albero arde
Sprigionando scintille meravigliose di
un fuoco spontaneo
E la fiamma circonda i germogli senza
consumarli.
Un serpente è il guardiano dell'albero
frondoso
Sí che ne stupiscono lo sguardo e
l'udito.
Il serpente, infatti, striscia
silenzioso verso l'aquila che si libra in alto,
Ma non la avvolge sinuoso nelle spire
minacciose,
Non inietta veleno mortale coi denti, e
neppure
L'aquila ghermisce il rettile avvolto
in molli spire,
Levandosi a volo e fendendo l'aria,
Né potrebbe lacerarlo con il becco
adunco.
Il fuoco non si propaga ai rami, al
fusto,
Non consuma il germoglio che permane
intatto,
Anzi la fiamma amichevole genera vapore
tra le fronde,
Senza consumare le spire scagliose del
serpente
Avvolte al fusto, la vampa del fuoco
non si trasmette
Alle ali intrecciate ai rami del
rapace,
Né la coppa immobile, sospesa in alto
precipita per il soffio dei venti
Nonno di Panopoli
Dionisiache
Canto 40 – 468, 491
Trad. genseki
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