In queste righe di Leopardi basta soltanto sostituire "conversazioni" con "web o rete" per avere una perfetta descrizione del perché è perfettamente impossisbile commentare su blog, facebook e riviste online senza essere massacrato di insulti e "railleries".
Gl’Italiani posseggono l’arte di perseguitarsi scambievolmente
e di se pousser à bout colle parole, più che alcun’altra nazione. Il persifflage
degli altri è certamente molto più fino, il nostro ha spesso e per lo più del grossolano,
ed è una specie di polissonnerie, ma con tutto questo io compiangerei quello straniero che venisse
a competenza e battaglia con un italiano in genere di raillerie. I colpi di questo, benché poco
artificiosi, sono sicurissimi di sconcertare senza rimedio chiunque non è esercitato e avvezzo al nostro
modo di combattere, e non sa combattere alla stessa guisa. Così un uomo perito della scherma è
sovente sconcertato da un imperito, o uno schermitore riposato da un furioso e in istato di trasporto. Gl’Italiani
non bisognosi passano il loro tempo a deridersi scambievolmente, a pungersi fino al sangue. Come altrove è
il maggior pregio il rispettar gli altri, il risparmiare il loro amor proprio, senza di che non vi può aver
società, il lusingarlo senza bassezza, il procurar che gli altri sieno contenti di voi, così in
Italia la principale e la più necessaria dote di chi vuole conversare, è il mostrar colle parole e
coi modi ogni sorta di disprezzo verso altrui, l’offendere quanto più si possa il loro amor proprio, il
lasciarli più che sia possibile mal soddisfatti di se stessi e per conseguenza di voi.
Sono incalcolabili i danni che nascono ai costumi da questo abito di cinismo, benché per verità
il più conveniente a uno spirito al tutto disingannato e intimamente e praticamente filosofo, e da tutte
le sovraespresse condizioni e maniere del nostro modo di trattarci scambievolmente. Non rispettando gli altri,
non si può essere rispettato. Gli stranieri e gli uomini di buona società non rispettano altrui
se non per essere ripettati e risparmiati essi stessi, e lo conseguono. Ma in Italia non si conseguirebbe,
perché dove tutti sono armati e combattono contro ciascuno, è necessario che ciascuno presto
o tardi si risolva e impari d’armarsi e combattere, altrimenti è oppresso dagli altri, essendo inerme
e non difendendosi, in vece d’essere risparmiato. È anche necessario ch’egli impari ad offendere.
Tutto ciò non si può conseguire prima che uno contragga un abito di disistima e disprezzo e
indifferenza somma verso se stesso, perché non v’è cosa più nociva in questo modo di
conversare che l’esser dilicato e sensibile sul proprio conto. Oltre che allora tutti i ridicoli piombano
su di voi, si è sempre timido e incapace di offendere per paura di non soffrire altrettanto e provocarsi
maggiormente gli altri, incapace di difendersi convenientemente perché la passione impedisce la
libertà e la franchezza del pensare e dell’operare e l’aggiustatezza e disinvoltura delle difese. E basta
che uno si mostri sensibile alle punture o abitualmente o attualmente perché gli altri più
s’infervorino a pungerlo e annichilarlo. Oltre di ciò in qualunque modo il vedersi sempre in derisione
per necessità produce una disistima di se stesso e dall’altra parte un’indifferenza a lungo andare
sulla propria riputazione. La quale indifferenza chi non sa quanto noccia ai costumi? E certo che il principal
fondamento della moralità di un individuo e di un popolo è la stima costante e profonda che esso
fa di se stesso, la cura che ha di conservarsela (né si può conservarla vedendo che gli altri
ti disprezzano), la gelosia, la delicatezza e sensibilità sul proprio onore. Un uomo senz’amor proprio,
al contrario di quel che volgarmente si dice, è impossibile che sia giusto, onesto e virtuoso di
carattere, d’inclinazioni, costumi e pensieri, se non d’azioni.
Di più quanto v’ha di conversazione in Italia
(ch’è la più parte ne’ caffè e ridotti pubblici, piuttosto che appresso i privati,
appo i quali propriamente non si conversa, ma si giuoca, o si danza, o si canta, o si suona, o si passeggia,
essendo sconosciute in Italia le vere conversazioni private che s’usano altrove); quel poco, dico, che v’ha
in Italia di conversazione, essendo non altro che una pura e continua guerra senza tregua, senza trattati,
e senza speranza di quartiere, benché questa guerra sia di parole e di modi e sopra cose di niuna
sostanza, pure è manifesto quanto ella debba disunire e alienare gli animi di ciascuno da ciascuno,
sempre offesi nel loro amor proprio, e quanto per conseguenza sia pestifera ai costumi divenendo come un
esercizio per una parte, e per l’altra uno sprone dell’offendere altrui e della nimicizia verso gli altri,
nelle quali cose precisamente consiste il male morale e la perversità dei costumi e la malvagità
morale delle azioni e de’ caratteri. Ciascuno combattuto e offeso da ciascuno dee per necessità
restringere e riconcentrare ogni suo affetto ed inclinazione verso se stesso, il che si chiama appunto egoismo,
ed alienarle dagli altri, e rivolgerle contro di loro, il che si chiama misantropia. L’uno e l’altra le maggiori
pesti di questo secolo. Così che le conversazioni d’Italia sono un ginnasio dove colle offensioni delle
parole e dei modi s’impara per una parte e si riceve stimolo dall’altra a far male a’ suoi simili co’ fatti.
Nel che è riposto l’esizio e l’infelicità sociale e nazionale. E questa è la somma della
pravità e corruzion de’ costumi. Ed anche all’amore e spirito nazionale è visibile quanto debbano
nuocere tali modi di conversare per cui trattiamo e ci avvezziamo a trattare e considerar gli altri sì
diversamente che come fratelli, ed acquistiamo o intratteniamo ed alimentiamo uno spirito ostile verso i più
prossimi. Laddove presso l’altre nazioni la società e conversazione, rispettandovisi ed anche pascendovisi
per parte di tutti l’amor proprio di ciascheduno, è un mezzo efficacissimo d’amore scambievole sì
nazionale che generalmente sociale; in Italia per la contraria cagione la società stessa, così
scarsa com’ella è, è un mezzo di odio e di disunione, accresce esercita e infiamma l’avversione
e le passioni naturali degli uomini contro gli uomini, massime contro i più vicini, che più
importa di amare e beneficare o risparmiare; tanto che al paragone sarebbe assai meglio che ella non vi fosse
affatto, e che gli italiani non conversassero mai tra loro se non nel domestico, e per li soli bisogni, come
alcune nazioni poco polite e molto bisognose, o molto occupate e industriose. Certo la società che avvi
in Italia è tutta di danno ai costumi e al carattere morale, senza vantaggio alcuno.
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