mercoledì, novembre 29, 2006
I cinque mondi
Ibn Arabi
I cinque Mondi
Per Ibn Arabi la realtá come la percepiamo nella nostra vita quotidiana, è illusione, sogno. Non si tratta peró di un sogno o di un'illusione soggettiva.
L'illusione della realtá quotidiana è un'illusione oggettiva.
Il mondo in cui viviamo non si situa sul piano della pienezza della realtà ma su un piano in cui la realtà risulta indebolita sebbene risponda a leggi intersoggettive.
Secondo Ibn Arabi l'essere si articola in piani che egli chiama mondi e che corrispondono allo schema seguente:
Il Mondo dell'essenza
Al-gayb al-mutlaq
L'assenza di manifestazione
Il Mondo degli attributi e dei nomi
Uluhiyya
La Presenza della Divinitá
Il Mondo dell'azione
Rububiyya
Il Dominio
Il Mondo delle Immagini
Alam al-mital
Il Mondo dei sensi
Musahada
Il Mondo delle Immagini: Alam al-Mital è, da un punto di vista ontologico, un terreno intermedio di contatto tra il mondo puramente sensibile e il mondo puramente spirituale, o immateriale.
Esso corrisponde in quelche modo al concetto di Barzakh e al Mondo Intermedio di Sohravardì:
questo è un mondo nel quale si ritrova tutta la ricchezza e la varietá del mondo sensibile, ma in forma sottile. In esso si trovano le cottá mostiche di Jabalqa, Jabarsa e Hurqalqa.
Mi pare anche interessante l'approssimazione al mondo delle immagini che si trova nell'opera di C. S. Lewis “Perelandra”:
“Ogni distinzione tra accidentale e pianificato, così come la distinzione tra realtá e mito era puramente terrestre. Il modello è tanto ampio che dentro il quadro ristretto dell'esperienza terrestre appaiono frammenti di esso tali che noi non siamo in grado di scorgerne la connessione, e altri, invece tra i quali siamo in grado di scorgerla. Per questo distinguiamo chiaramente, per la nostra immediata utilitá, l'essenziale dall'accidentale. Se usciamo peró da questo quadro la distizione intera cade nel vuoto agitando vanamente le ali”.
Il pensiero di Ibn Arabi è puramente ontologico e la sua ontologia non è speculativo quanto piuttosto esperienziale, dipende dalla sua propria intuizine mistica diretta.
Questa esperienza lo porta a considerare cinque piani dell'essere paralleli ai cinque mondi.
L'essere assoluto contemplato nell'esperienza dell'estasi si rivela al contemlante in modi e gradi infiniti che sono da Ibn Arabi classificati, appunto in cinque gradi in ciscuno dei quali l'Essere Assoluto si rivela e si manifesta in modo piú determinato e più concreto e quindi si disvela.
Il primo di questi cinque gradi rappresenta l'assoluto prima che inizi a manifestarsi o a rivelarsi nei piani successivi.
Nella terminologia di Ibn Arabi ogni grado di manifestazione si chiama “hadra” cioè presenza. L'essere in tutti i livelli del suo disvelamento mantiene il nome di “Haqq” Assoluto
Per indicare il disvelamento egli impiega la parola “tayalli”
Lo schema dei piani di manifestazione è il seguente:
Primo Hadra
No tayalli
Haqq
Secondo Hadra: Dio
tayalli
Haqq
Terzo Hadra: Il Signore
tayalli
Haqq
Quarto Hadra: Il mondo delle immagini
tayalli
Haqq
Quinto Hadra: Il Mondo Sensibile
tayalli
Il primo hadra non è un tayalli ma è la fonte di tutti i tayalli. Tutti i piani stanno tra loro in rapporti di corrispondenza tali che a ogni forma di un hadra superiore corrisponde una forma di ogni hadra inferiore.
genseki
martedì, novembre 28, 2006
Il Gelso
La poesia che segue pecca, davvero, di un certo mal gusto, nella balorda, insistente evocazione angelica.
Il fatto è che non so quale altra presenza nominare come testimone reale, sacramento della scomparsa di un mondo, del mio mondo che mi è dato vivere come un dono: il dono della morte già qui, nella pienezza del sentire e dell'intendere.
Il Gelso
Un gelso d'ali d'oro
Angelo dell'Autunno
Veglia
Tra il bosco
E la terra
Ferita
Veglia l'ultimo
Respiro
Dei muschi
La filigrana criptica
Dei licheni
Un gelso d'ali d'oro
Angelo
Della Soglia
Raccoglie il suono
Di tutte le foglie
Lo scrosciare assordante
Di tutti i colori
Un gelso d'ali d'oro
Angelo degli angeli
Insieme giallo
D'angeli
Corallo-medusa
Immobili
Su rami d'aria
Veglia l'ultimo
Sogno
Di roccia e bosco
*
genseki
sabato, novembre 25, 2006
César Vallejo
Altre traduzioni di Vallejo in http://turcimanno.blogspot.com/
Foglie d'ebano
Brilla la sigaretta
Si ripulisce in polveri d'allerta
Con una smorfia gialla
Intona il pastorello
Il tamarindo dell'ombra sua defunta.
Affoga in un energico negrore
Tutto il casone
La muffita eleganza di bianchezza
Pena un fragile aroma d'acquazzone.
Tutte le porte sono molto anziane
E muffisce nel sigaro tarlato
Un'insonne pietá di mille occhiate
Io le ho lasciate proprie
E oggi son fiorite ragnatele
Fino nel cuore delle loro travi.
Ombre coagulate sanno a oblio
Quella d'ingresso
che entrare mi vide, tremula e triste
Aprendo ambo le braccia
Stridente come un pianto di allegria
Che esiste in ogni fibra
Per quell'occhio che ama, una dormiente
Perla fidanzata, una lacrima celata.
Con non so che memoria si confida
Il cuore ansioso
Signora? ... Si, Signore: morì in paese;
La vedo ancora avvolta nel suo scialle...
E la nonna amarezza
Di un canto nevrastenico di paria
Oh! La sconfitta musa leggendaria!
Affila i suoi melodici torrenti
Sotto l'oscura notte
Come se, sotto, sotto,
Nele fosca pupilla di pietrame
Di sepoltura aperta,
Celebrando perpetui funerali,
Si spezzassero fantastici pugnali
Piove...piove sostanza d'acquazzone
Riducendo a funebri sentori
L'umore di appassiti crisantemi
Che veglian tahuashando sul sentiero
Senza cappello nel poncho di gelo.
Gli Araldi Neri
1918
*
Nostalgie imperiali
Nei paesaggi di Maniche ara
Imperiali nostalgie il crepuscolo
Va seminando razza il verbo mio
Come stella di sangue a fior di muscolo,
Rintocca il campanile...non si apre
La cappella... come un opuscolo
Biblico che morendo va in parola
D'asiatica emozione nel crepuscolo.
Un poyo con tre potos son l'altare
Dove stan sollevando labbra a coro
L'eucarestia di una chicha d'oro
Piú il lá dai ranchos si solleva il vento
Il fumo che di sogni e stalle ha odore
Come nell'esumare un firmamento.
*
L'anziana pensierosa come statua
Di un blocco preincaico fila e fila
Tra le dita di madre il fuso lieve
La lana grigia di vecchiezza stira.
Negli occhi di sclerotica di neve
Un cieco sol oscuro guarda e mutila...!
Disdegnosa la bocca e il calma attiva
La stanchezza imperiale forse è all'erta.
Ficus vi son capelluti che meditano
Incaici trovatori posti in fuga
Rancida pena della croce idiota
Nell'ora rossa che sta giá fuggendo
E si fa lago che salda rudi specchi
Dove naufrago piange Manco-Capac.
*
I dadi eterni
Mio Dio piangendo resto l'essere che vivo
Mi pesa aver accettato il tuo pane
Ma questo misero fango razionale
Crosta non è fermentata al costato
Tuo che non hai Marie che ti abbandonano!
Mio Dio, se fossi stato uomo sapresti essere Dio;
Ma tu che fosti sempre senza pena
Non senti nulla della tua creazione.
E l'uomo, si, ti soffre de egli è il Dio
Oggi che negli occhi miei maghi ardono ceri
Come in un candannato
Mio Dio prenditi tutte le candele
E giocheremo con il vecchio dado...
E, forse, o giocatore, al dar la sorte
Dell'universo tutto,
Sorgeranno le occhiaie della morte
Come due assi funebri di fango.
Mio Dio questa è una notte sorda e scura
Non potrai più giocar perchè la Terra
É un dado consumato e ormai rotondo
Per il gran rotolare all'avventura
E non potrá fermari che in un fosso
Il fosso d'un'immensa sepoltura.
*
Trad. genseki
martedì, novembre 21, 2006
La sintesi degli opposti II
Inno contro Bar-Daisan
C'è un Essere, che conosce se stesso e se stesso contempla
In se stesso abita
Da se stesso di diffonde.
Gloria al Suo Nome.
Per Sua propria volontà è in ogni luogo
Invisibile e visibile
Manifesto e nascosto
In alto si trova,
In basso.
Familiare e generoso della Sua grazia con gli umili,
Per questo si eleva piú sublime, è esaltato come alla Sua Gloria conviene, al di sopra dei grandi.
Il piú rapido non eguaglia la sua velocità
Il piú lento non esaurisce la sua pazienza
Egli precede tutto e tutto segue
È nel centro di tutto.
Egli è quel mare,
Nel quale nuota tutta la creazione.
Come le acque avvolgono i pesci in tutti i loro movimenti,
Cosi il Creatore si veste del creato,
Con il grande e con il piccolo.
Come i pesci si nascondono nelle acque
Così si celano in Dio altezza e profonditá,
Prossimitá e lontananza,
Con ciò che vi dimora.
E come l'acqua si ritrova con i pesci dovunque vada,
Così Dio si ritrova con chiunque cammini.
E come l'acqua tocca il pesce in qualunque rotazione,
Così Dio accompagna e osserva ogni uomo in ogni sua azione.
Gli uomini non possono muovere la terra, che è il loro carro,
E nessuno, si allontana dall'Unico Giusto, che è il suo socio.
L'Unico Buono è unito al corpo,
È la luce dei suoi occhi.
Nessun uomo puó sfuggire alla sua anima,
Essa resta con Lui
Nessun uomo si cela al Buono
Giacchè questi lo avvolge.
Come l'acqua avvolge il pesce e questi la percepisce,
Così tutte le nature percepiscono Dio.
Egli si diffonde nell'aria,
Il suo respiro entra nel tuo intimo
Egli è una cosa sola con la luce,
E quando guardi ti penetra negli occhi
Egli è una sola cosa col tuo spirito,
Ti osseva da dentro, per sapere chi sei.
Egli vive nel tuo spirito
E nulla v'è che ignori del tuo cuore
Come la mente precede sempre il corpo
Così Egli esamina la tua anima prima di te.
E come il pensiero precede sempre l'atto
Così il pensiero suo conosce i tuoi progetti.
Comparato con la sua impalpabilitá,
È corpo la tua anima, spirito la carne tua.
Egli, che ti creó, è l'anima dell'anima tua
Spirito del tuo spirito,
Distinto da tutto
A tutto resta unito,
E manifesto in tutto,
Un gran prodigio, una meraviglia nascosta.
Egli è l'Essere la cui essenza nessun uomo sa spiegare.
Egli è il Potere la cui profonditá è inesprimibile.
Tra le cose viste e quelle nascoste
Non v'è nulla di comparabile a Lui.
Egli è colui che creò e formò dal nulla
Tutto quello che è.
Dio disse:
Sia fatta la luce!
Una cosa creata.
Egli fece l'oscuritá e cadde la notte.
Osserva: una cosa creata.
Fuoco nelle pietre,
Acqua nelle rocce:
L'Essere le creò.
C'è un potere che le trasse dal nulla.
Contempla
Anche ora, il fuoco non si accumula nella terra
Guarda! Sempre è di nuovo creato
Per mezzo delle pietre focaie.
Egli è quell'Essere che produce la sua Essenza
Da se stesso, e che la sostiene
Quando vuole la accende,
Quando vuole la spegne
E ottiene l'attenzione dell'ostinato.
Nel grande pioppeto si accende un fuoco per frizione di legna
La fiamma divora,
Cresce in forza,
Per finir soccombendo.
Se fuoco e acqua sono Esseri e non creature,
Dove stavano le loro radici?
...
trad. Genseki
domenica, novembre 12, 2006
La sintesi degli opposti
venerdì, novembre 10, 2006
Vi fu un tempo
Vi fu un tempo in cui si ammazzavano i bambini nel sonno, li si bruciava vivi, in un lampo. Poi si chiedeva scusa e tutto era dimenticato.
Al-Muntaqimu
Nominerò i vostri nomi ad uno ad uno
Voi che non avete piú occhi
Per la mia cecitá
Per l'opacità di questa luce opaca
Per la mia opaca cecitá
Per la luce delle vostre pupille vuote
Nominerò i vostri nomi ad uno ad uno
Perchè sono i piú belli di tutti i nomi.
Il nome più bello di Dio è il Misericordioso
Questo è il piú bello di tutti i Nomi
Ma i vostri nomi sono nominati
Nella Sua misericordia
Perché davvero egli è il Compassionevole.
Non ci sono piú altri nomi
Non c'è piú altra luce
Oltre la luce opaca
Che ferisce i vostri occhi perduti
Occhi come pietre
Occhi come foglie
Occhi come perle
Come monete
Per pagare anime
Scorre la catena dei vostri Nomi
Si sgrana il rosario dei vostri Nomi
Come i fiumi, come le cose che emanano
Dall'assoluti immoto
Secondo le parole
Dei filosofi antichi
Nomi perle
Nomi di Rondini
Nomi di frutti maturi
E di cuccioli
Li nomineró tutti i vostri nomi
Che sono i nomi di Dio
I piú belli di tutti i Suoi Nomi
Il piú bello dei nomi di Dio è
Il Vendicatore
I vostri nomi saranno come stelle
Nel giorno della sua vendetta.
genseki
giovedì, novembre 09, 2006
Beit Hanoun
Il nostro concetto di tempo si fonda sulla successione, quello di spazio sulla simultaneitá e stabilitá; solo quando la successione si fa stabile si puó penetrare nell'autentica realtá. Il tempo non è uno sviluppo lineare dal passato al futuro, quanto piuttosto una sfera. Per questo esistono uno spazio e un tempo sottili che hanno un significato autentico, di fronte al tempo e allo spazio opachi che sperimentiamo nel mondo dell'apparenza.
Qazi Said Qommí
genseki
mercoledì, novembre 08, 2006
Alejandra Pizarnik
Traduzione e scelta a cura di genseki
Il sole. Sempre il sole a fendere il mattino. Per la mia voce, per la mia danza, un feretro a motor lacrimale. Per la mia trascendenza un test dellaccademia psicoanalitica. Per la mia sete sacra un vestito nuovo, sigarette di importazione, un'aria bohemienne che annuzia la rogna degli ospizi. Un unico problema. Tra i miei desideri e la mia realtá un ponte che non so attarversare. Da qui il nulla.
Ho preso assolutamente coscienza del fatto che non posso vivere la mia vita.
Non posso vivere come un essere umano.
*
Musica infinita con velo biance esce dalla tasca del mezzogiorno. Gli atti ballano la giostra dell'assurdo e una paurosa necessitá di essere sequestra una giovane donna dalla chioma silenziosa che vorrebbe accendersi de esplodere in un istante come un fuoco fatuo.
*
I sogni si siedono sul mondo...
*
Volano treni. Gli ucceli vestono finimenti e fuggono verso la pianura per cercare la donna folle che ha appena rubato il fuoco. Lui le taglia il seno e lo divore mentre un intero popolo di umini-scimmia piange sulle reive del Swaney River. Lui sputa le sue ossa. Rintocchi di campane a morto. Il bechino del cielo si inginocchia davanti al mio ritratto e chiede perdono.
*
Il portiere in fiamme illumina l'insegna della morte perchè anche la gabbia ha ereditato la vocazione al perdono.
*
Una famiglia di rondini si spoglia sul Mar del Plata. Se lo bevono tutto, il mare.
*
La luce ha gambe, la notte testicoli, la luna splende con cosce di zingara gravida.
*
Essere eterna per un secondo...
*
Non dubito che le stelle malvage divorino le stelle buone, che i fiori grassi divorino i fiori magri, che il deserto di cenere divori il deserto in fiamme. Non dubito di nulla. Solo una tregua, solo una tregua. Allora crederò in tutto, anche in me stessa.
Voglio essere quella che sono -disse,
La mia ombra,
Il mio nome,
La mia carenza.
Tutto si riduce
A un sole morto.
Tutto è mondo
E solitudine
Come animali
Distesi nel deserto.
*
martedì, novembre 07, 2006
Melancholia
Comunque le medicine che egli propone come efficaci nell'alleviare il dolore hanno in se stesse il sapore della poesia.
Sono opere d'arte di botanica e elevano la pratica dello speziale a vera e propria arte che evoca suoni, colori, regioni lontane, tramonti, variare di verde nei campi.
Eccone qui due diverse:
In primo est syrupi optimi compositio, in secundo pilulae pro-batissimae, in tertio electuaria saluberrima. His tribus opportune adhibitis, melancholicus humor mollitur et digeritur atque solvitur, spiritus acuuntur et illustrantur, fovetur ingenium, memoria confirmatur. Syrupus est huiusmodi: sume boraginis, buglossae, florumque utriusque, melissae, capillorum Veneris, endiviae, violarum, cuscutae, polypodii, senae, epithymi, singulorum quantum manu capitur, pruna Damascena numero vi-ginti, odora poma numero decem, passularum unciam unam, liquiritiae un- ciam dimidiam, cinnami, sandali rubri, corticum citri, singuorum drachmas tres, croci drachmam dimidiam. Coquantur in aqua omnia praeter epithy-mum et aromata, donec pars tertia consumatur. Decoctio expressa post cum saccharo iterum et epithymo moderate coquatur. Postremo infundantur aro-mata, scilicet cinnamum atque crocus. Huius syrupi aurora calefacti unciae tres bibantur, simulque unciae duae aut tres aquae buglossae, atque una cum his ex sequentibus pilulis accipi debent duae saltem ac plures, prout cuique convenit, eo scilicet pacto ut alvus quotidie paulum moveatur.
*
Pillularum vero, quantum ad propositum spectat, duo sunt genera: aliae delicatis congruunt, robustioribus aliae. Primae aureae sive magicae no-minari possunt, partim Magorum imitatione, partim nostra inventione sub ipso Iovis Venerisque influxu compositae, quae pituitam, bilem, atram bilem educunt absque molestia, singula membra corroborant, spiritus acuunt et il-luminant. Ita eos dilatant, ne constricti maestitiam pariant, sed dilatatione et lumine gaudeant; ita rursus stabiliunt, ne extensione nimia evanescant. Sume igitur auri grana duodecim, maxime foliorum eius si pura sint, thuris, myrrhae, croci, ligni aloes, cinnami, corticis citri, melissae, serici crudi coc-cinei, mentae, been albi, been rubei, singulorum drachmam dimidiam, ro-sarum purpurearum, sandali rubri, coralli rubri, myrobalanorum trium, sci-licet emblicarum, chebularum, Indarum, singulorum drachmam unam, aloes rite ablutae tantundem quantum cunctorum pondus. Confice pilulas mero quam electissimo. Sequuntur pilulae ad solvendam melancholiam aliquanto validiores, ve-rumtamen minime violentae. Sume paeoniae, myrrhae, stichados Arabici, melissae, thuris, croci, myrobalanorum trium, scilicet emblicarum, chebula-rum, Indarum, rosarum, singulorum drachmam unam, trochiscorum agarici, polypodii, epithymi, senae, lapidis lazuli loti rite et praeparati, lapidis Ar-meni affecti similiter, drachmas tres singulorum, aloes lotae uncias duas; vino perfecto pilulas confla. Si cum melancholia manifesta caliditas dominetur, quae in hac compositione sunt frigida, ad tertiam insuper ponderis sui partem augenda erunt. Has pilulas, ut litterarum studiosis convenit, Graecorum, La-tinorum Arabumque imitatione composui. Nolui vero fortiora miscere, qualeveratrum, quo Carneades phanaticus utebatur. Viris enim litteratis tantum vel paulo firmioribus consulo, quibus nihil pestilentius est quam violentia. Ideo praetermisi pilulas Indas lapidisque lazuli vel Armeni notas et quam compositionem hieralogodion appellant. Si denique decet simpliciorem compositionem inserere qua ego familiarius utor, sume aloes lotae unciam unam, myrobalanorum emblicarum atque che-bularum, utriusque pariter drachmas duas, masticis drachmas duas, duas quoque rosarum, praesertim purpurearum; confice pilulas vino. Proinde pi-lulis aut iis aut illis, ex iis scilicet quas probavimus, nemo unquam solis uti debet, ne forte nimium exsiccetur, quod quidem in melancholia pessimum est; immo vel una cum syrupo quem secuti partim Mesuem, partim Genti-lem Fulginatem supra descripsimus, vel cum vini odori levisque uncia una sive duabus sive tribus, ut cuique convenit, aut cum aqua mellis et passu-larum atque liquiritiae aut, sicubi caliditas dominatur, cum iuleb violaceo aquaque violacea. Omnino autem consulo litteratis, quicunque ad atram bilem sunt pronio-res, ut hac purgatione bis quolibet anno, vere scilicet autumnoque utantur diebus quindecim continuis vel viginti, pilulis scilicet cum syrupo atque si-milibus. Quicunque vero paulo minus huic morbo obnoxii sunt, sat habe-bunt si pilulas primas aut ultimas toto anno sumant semel hebdomada qua-libet, aestate quidem cum iuleb, ut diximus, alias vero cum vino.
Entrambi gli esempi sono tratti dall'opera: « De Vita »
lunedì, novembre 06, 2006
Alejandra Pizarnik
Le righe seguenti sono tratte da una pagina di Diario di Angela Pizarnik dedicata in gran parte a César Vallejo:
"Caro Vallejo! Mio amato poeta triste! Tu con le tue ossa affamate, i capelli disordinati, il pomo d'Adamo anelante, la schiena spezzata, e la sensibilitá scabra, e l solitudine e il sesso balbuziente e la solitudine e l'occhio vestito di grigio e la solitudine e il caro pianto di sempre e la solitudine e i colpi della vita tanto forti e la solitudine e il non lo so, il perché di tanto male di tanti colpi duri e crudeli, di tanta sporcizia in gioco e il nulla e l'orrendo mefistofelico bastone cui non ci si deve appoggiare e il benedetto Iddio che cammina al tuo fianco e il terribile esilio degli eterni fuggitivi e le lacrime calde una dopo l'altra fino all'ultima equazione impossibile e le dolci scimmie di Darwin che agitano venti dita a testa e il tric-trac delle ossa che chiedono un pezzo di pane ove sedersi e e e e la solitudine il pianto l'angoscia il nulla la solitudine!!!! Amatissimo, carissimo César!!!! Fino a quando!!
Per sempre?? Piango.
Giugno 1955
Nel blog http://turcimanno.blogspot.com si trovano le traduzioni di Vallejo cui ho lavorato nell'ultimo anno.