lunedì, novembre 17, 2014
Ratzinger – In spe salvi
La fede non è soltanto
un personale protendersi verso le cose che devono venire ma sono
ancora totalmen assenti; essa ci dà qualcosa. Ci dà già ora
qualcosa della realtà attesa, e questa realtà presente costituisce
per noi una « prova » delle cose che ancora non si vedono. Essa
attira dentro il presente il futuro, così che quest'ultimo non è
più il puro « non-ancora ». Il fatto che questo futuro esista,
cambia il presente; il presente viene toccato dalla realtà futura, e
così le cose future si riversano in quelle presenti e le presenti in
quelle future.
*
La fede conferisce alla
vita una nuova base, un nuovo fondamento sul quale l'uomo può
poggiare e con ciò il fondamento abituale, l'affidabilità del
reddito materiale, appunto, si relativizza. Si crea una nuova libertà
di fronte a questo fondamento della vita che solo apparentemente è
in grado di sostentare, anche se il suo significato normale non è
con ciò certamente negato. Questa nuova libertà, la consapevolezza
della nuova « sostanza » che ci è stata donata, si è rivelata non
solo nel martirio, in cui le persone si sono opposte allo strapotere
dell'ideologia e dei suoi organi politici, e, mediante la loro morte,
hanno rinnovato il mondo. Essa si è mostrata soprattutto nelle
grandi rinunce a partire dai monaci dell'antichità fino a Francesco
d'Assisi e alle persone del nostro tempo che, nei moderni Istituti e
Movimenti religiosi, per amore di Cristo hanno lasciato tutto per
portare agli uomini la fede e l'amore di Cristo, per aiutare le
persone sofferenti nel corpo e nell'anima. Lì la nuova « sostanza »
si è comprovata realmente come « sostanza », dalla speranza di
queste persone toccate da Cristo è scaturita speranza per altri che
vivevano nel buio e senza speranza. Lì si è dimostrato che questa
nuova vita possiede veramente « sostanza » ed è una « sostanza »
che suscita vita per gli altri. Per noi che guardiamo queste figure,
questo loro agire e vivere è di fatto una « prova » che le cose
future, la promessa di Cristo non è soltanto una realtà attesa, ma
una vera presenza: Egli è veramente il « filosofo » e il «
pastore » che ci indica che cosa è e dove sta la vita.
Leopoldo Panero
Nella soltitudine del mio corpo
Al mio fianco dietro le sottili
Pareti, debolmente si confondono
I fiocchi con il vento della notte.
Dentro il mio cuore, quello che ho
vissuto
Pur si confonde, e sono un paesaggio
Che diventa ogni volta piú profondo
Sono il mio corpo oscuro e solitario
Che con l'anima ora si. Confonde.
Ora che solo sto cnella mia carne,
E l'eco del mio corpo è solo morte
Ed il rischio del sangue nel silenzio
Come un'ape tra il rosmarino assente,
Mentre il suo splendor continuo e mite
Nel querceto lassú in mezzo all'ombra,
Posa la neve dai piedi d'uccello.
Ora, o Signore, che stringo la
puerzza,
Come un bimbo che dorme tra le braccia,
Voglio tutto obliar del corpo mio
Abbandonar del tutto il mio volere
Nella notturna tenebra, dove
Duole piú la speranza, o corpo mio.
Ora che sono cosí vicino e che tu solo
Mi separi, mio corpo, corpo mio
E l'anima è divinino annebbiamento,
Sostanza intiepidita della vita
Nella pietá del cuore … e ora
Mi sento come privo delle mani
Non mi posso toccare per sentirmi,
Oltre i tremore nel quale si unisce
L'uomo alla nostalgia e Iddio al vento!
Ora che sono, il mio corpo, sottile
Parete sulla notte, corpo mio,
Come rotto dal tempo e che mi attende
La scura libertá della campagna
Voglio obliar tutto il mio nome illuso
La pelle mia di ombra, Perché adesso,
Appena resti tu, dolcezza effimera,
Di chi ti dette la mano da bambino
Di chi drizzó il tuo petto da ragazzo
Di chi lento verrá a te da vecchio
Per aprirti la porta del giardino.
Trad. genseki
Iscriviti a:
Post (Atom)