Juan Eduardo Cirlot
Gli specchi (1962)
Si fa notte in terra e in cielo
I sentieri lontani rabbrividiscono
Ho smarrito le mani.
Torneró?
(C'era una pietra grigia, scura, all'interno
Della torre di quella chiesa dimenticata
In campagna, di inverno).
Mi sentite?
*
Mi fermo davanti agli alti muri gotici,
Guardo le mie cicatrici:
Un cavallo di gelo dorme nella nebbia.
*
Il vero mare è nero con piante grige ed è pieno di ombre oscillanti. Il suo fondo perforato è un piombo che ha perso i sigilli. Il vero mare è nero.
*
Andiamo al circolo di rose,
Alla terribile fonte bianca,
Alla terrazza melancolica;
Dove i pianeti bevono
Un accqua verde e rosata.
*
L'origine del ferro, l'origine
Del vetro
Parla nel mio cuore.
*
Laggiú crescono i ceri
Sul mondo
Crescono le acque;
Dove gli intervalli
Dove le costellazioni
Aprono le bocche bianche.
*
Grida e voci
Contro un silenzio immenso.
La spada sta nascendo nella parete.
*
I miei nemici mi combattono
I miei amici non sono miei amici;
Ci sono pezzi del mio cuore nei campi
che ancora piangono.
Le grandi torri nere
Si elevano sempre
Sotto un cielo purissimo.
*
La terra si alza e mi guarda.
Volo fino alle statue piú alte.
Si; distruggeró
Il selvaggio del bosco.
*
I resti del mio scudo, i resti
dei miei guanti azzurri,
I resti della bandiera disfatta...
I miei resti mi aspettano sotto la pioggia.
*
Sono pezzi delicati
Che mi abbandonano.
Sono scalini bianchi
Che piangono quando mi vedono.
La parete di cenere,
La porta del diamante,
Che scendono dai miei occhi
E cercano un finale.
*
Salire le scale,
Ma verso il basso.
*
Trad. genseki
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