lunedì, novembre 06, 2017

Juan Eduardo Cirlot
 
Gli specchi (1962)

Si fa notte in terra e in cielo
I sentieri lontani rabbrividiscono
Ho smarrito le mani.
Torneró?
(C'era una pietra grigia, scura, all'interno
Della torre di quella chiesa dimenticata
In campagna, di inverno).

Mi sentite?

*

Mi fermo davanti agli alti muri gotici,

Guardo le mie cicatrici:

Un cavallo di gelo dorme nella nebbia.

*

Il vero mare è nero con piante grige ed è pieno di ombre oscillanti. Il suo fondo perforato è un piombo che ha perso i sigilli. Il vero mare è nero.

*

Andiamo al circolo di rose,
Alla terribile fonte bianca,
Alla terrazza melancolica;
Dove i pianeti bevono
Un accqua verde e rosata.

*

L'origine del ferro, l'origine
Del vetro
Parla nel mio cuore.
*

Laggiú crescono i ceri
Sul mondo
Crescono le acque;
Dove gli intervalli
Dove le costellazioni
Aprono le bocche bianche.

*

Grida e voci
Contro un silenzio immenso.

La spada sta nascendo nella parete.

*

I miei nemici mi combattono
I miei amici non sono miei amici;
Ci sono pezzi del mio cuore nei campi
che ancora piangono.

Le grandi torri nere
Si elevano sempre
Sotto un cielo purissimo.

*

La terra si alza e mi guarda.
Volo fino alle statue piú alte.

Si; distruggeró
Il selvaggio del bosco.

*

I resti del mio scudo, i resti
dei miei guanti azzurri,
I resti della bandiera disfatta...

I miei resti mi aspettano sotto la pioggia.


*

Sono pezzi delicati
Che mi abbandonano.
Sono scalini bianchi
Che piangono quando mi vedono.

La parete di cenere,
La porta del diamante,
Che scendono dai miei occhi
E cercano un finale.

*

Salire le scale,
Ma verso il basso.

*



 Trad. genseki

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