La locanda
Era di passaggio e questo lo sapeva
Nel tempo che passava per trattenere ciò che passa
Ma chi mai potè cogliere quello che non passava?
Quello che contemplava non era nello spazio,
Eppure davanti a lui, vi era tutto lo spazio.
Il letto dell’Eterno riempiva l’effimero,
Dimorandovi senza posa ma senza stabilirsi,
Lo raggiungeva, infine, e vedeva, emanata
Da corrente contraria di luce fatale
Chiarità del santuario ove il Santo abitava,
Finché dall’insopportabile non fosse gravato
E neppure ridotto al balbettio del dolore,
Potrebbe sul bordo del corso inesauribile
Costruir la locanda sognata, offrire il vitto
Ai viandanti perduti tra la nebbia e il timore?
Fissare ogni ragione di chiarita di grazia
Per fondar la sua casa sulla tremula sabbia,
Ma stabile e sigillata dall’Eterno che passa
Per sprofondare, infine, al giungendo la sua ora
Pian piano nell’Eterno senza nessuna angoscia.
Patrice di La Tour du Pin, Terza commedia, Piccolo teatro crepuscolare [1964], in ,Poèmes choisis id., pp. 166-167.
Trad Pietro